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capitolo decimoterzo 95


causa della nazionalitá italica, provvedeva al bene delle europee in generale: provvedeva in ispecie alla germanica, come risulta espressamente dalle parole sopraccitate, dove egli colloca la relazione di essa colla nostra non mica nella gara e nella inimicizia ma nel nodo soave di scambievole sorellanza. Ché se Giulio chiamava «barbari» gli stranieri accampati in Italia, egli avea ragione, perché la caritá cristiana non può contraddire alla veritá e alla giustizia né mutar la natura delle cose o i vocaboli che le rappresentano. Il popolo piú civile diventa barbaro se si rende invasore e oppressore, come il cittadino piú illustre merita il nome di ladro se irrompe nell’altrui casa e colla forza se ne fa padrone. Non credo che il papa, sotto pena di riuscir pagano, debba chiamar «galantuomini» i malandrini che infestano gli Stati della Chiesa, benché sieno suoi figli; né che il signor Melegari sia per usar termini onorevoli a chi scalasse di notte o con mano armata assalisse di giorno il suo domicilio, quantunque fossegli in virtú del battesimo fratello in Gesú Cristo. Si predichi e s’inculchi con ogni eloquenza la santa fraternitá dei popoli, ma non si scordino i sacri loro diritti e sovrattutto non s’insegni ai giovani italiani che il «liberar l’Italia dai barbari», secondo l’assunto di Giulio e l’invito del Machiavelli1, sia un’impresa paganica2.

Giulio pontefice fu senza alcun dubbio uno degli uomini piú insigni d’Italia; e per l’altezza incredibile dei pensieri e dell’animo, l’ardente desiderio di gloria, gli spiriti popolani, la lealtá e la generositá dell’indole, l’efficacia delle parole e della presenza, il fuoco, l’audacia, l’impeto, l’intrepiditá, la costanza indomabile nelle deliberazioni e nelle azioni, e in fine la grandezza delle imprese, ha pochi pari e pochissimi superiori in tutta la



  1. Princ., 26.
  2. Niuno vorrá stupirsi della franchezza con cui io combatto l’opinione del signor Melegari, atteso l’importanza della cosa e l’autoritá meritata del proferente. Il quale è uno dei viventi onori dell’ateneo di Torino, e quanto vaglia nelle materie civili anche i lontani possono ritrarlo da un suo recentissimo scritto, piccolo di mole ma pieno di senno, intorno alle Competenze rispettive delle due Camere del parlamento in fatto di sussidi (Il Risorgimento , 29 e 3i maggio i 85i).