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all’ignoranza. Il Piemonte ha d’uopo non mica di dottorelli che insegnino quel che non sanno, ma di atenei e collegi ordinati sapientemente, che dieno agli studi privati e pubblici un buono e forte indirizzo. Altrimenti la povertá deplorabile delle sue lettere, che ogni giorno si accresce, ci ricondurrá in breve a quei tempi che precedettero il Lagrangia e l’ Alfieri, quando i subalpini erano quasi esclusi dal novero dei popoli dotti e civili. Non dico che della libertá d’insegnare affatto si manchi; ma le considerazioni di questa debbono essere subordinate a quelle di maggior rilievo, finché il Piemonte è foresto e diviso dai benefici influssi della vita italica.

Camillo di Cavour è uomo di tal perspicacia, che non può illudersi a pieno sull’intrinseca impotenza del Piemonte a far cose notabili da per se stesso; ond’egli si è rivolto a cercare altrove quei sussidi ed appoggi morali e materiali che non volle ricevere dall’unione italiana negli ultimi eventi. Niuno certo vorrá biasimarlo dell’amicizia inglese, che ci onora e in qualche parte ci assicura; ma oltre che essa è precaria per le ragioni che abbiamo addotte, se il patrocinio che se ne trae oltrepassa certi limiti, può essere piú contrario che favorevole al proposito. Cosi, per modo di esempio, io capisco benissimo che coll’oro britannico la baia della Spezia possa diventare una darsena, si veramente che ella serva di ricetto a un navilio inglese anzi che italico. Imperocché la Gran Bretagna ama bensí un’Italia libera e divisa per la tratta delle sue merci, ma non mica un’Italia unita che col tempo possa essere sua rivale sul mare. Pel qual rispetto l’alleanza inglese sarebbe meno opportuna della gallica, oltre le ragioni che giá abbiamo assegnate. Il trattato di commercio testé fatto coll’ Inghilterra, se le aggiunge maggiori stimoli a proteggere lo statuto, l’interessa non meno a impedire che il Piemonte si renda italico, giacché gli accordi fatti con uno Stato cessano quando si muta. Perciò il fine di tal potenza consuona per tal riguardo a quello dei nostri municipali, e qualche malizioso potrebbe supporre che il Cavour abbia voluto apparecchiare un nuovo ostacolo all’unione della penisola. Ma io mi farei coscienza di attribuirgli siffatta inten V. Gioberti, Del rinnovamento civile d’Italia - n.

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