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paradossi oltramontani? e a distinguere accuratamente i dogmi dalle opinioni? Libelli infami in cui la slealtá piú sfacciata ha per condimento l’ignoranza e la goffaggine piú esquisita, che Roma in addietro avrebbe avuto rossore di nominare altro che per proscriverli, oggi si spacciano per libri autorevoli e si commendano dai cardinali (0. Che maraviglia adunque se la fede scapita, r incredulitá cresce, le eresie si propagano? se perfino in Italia covano umori protestanti? se Londra e Ginevra acquistano proseliti nella stessa Roma? quando Roma si mostra di gran lunga men dotta, men proba, meno umana e cristiana dei paesi acattolici, e ivi sono consueti e giornalieri tali disordini che altrove sono impossibili. Perciò in vece di ricoverare gli erranti ella vede scemare di giorno in giorno la sua prole. Gli eterodossi gongolano a tale spettacolo, e l’antipapa boreale si frega le mani sperando di raccórre le spoglie del pontefice di Occidente. Invano si fa capo alla Compagnia, e altri vorrebbe rincalzarla coll’inquisizione, essendo follia l’aspettare il ristoro da quegli instituti che cominciarono la ruina. Si smorbi adunque il pontificato del verme che lo rode; altrimenti in meno di un secolo il cattolicismo esulerá dalle terre italiche e i monumenti romani che Io consacrano saranno un’anticaglia erudita, come il Colosseo e le Terme.

Che queste ragioni non abbiano forza in chi adopera le credenze a puntello degl’interessi, è facile a comprendere. Ma è da meravigliare che non muovano gli animi pii, qual si è quello del regnante pontefice, a cui lo scettro è piú di peso che di sollazzo, e il deporrebbe volentieri se la coscienza non gliel vietasse. Ma come mai la coscienza di un uomo cosi timorato può riputare utile alla fede ciò che tanto le pregiudica? L’errore

( 1 ’) Vedine un saggio nel mio recente Discorso intorno alle calunnie di un nuovo critico ( Teorica del sovrannaturale , Capolago, 1850, t. 1). Benché l’ ingegno, la lealtá e la dottrina di questo critico possano parer senza pari, tuttavia un prelato piemontese ha trovato il modo di superarlo, insegnando che il «barbaro» di cui io desidero la cacciata dalle terre italiane è la «fede romana», la «Chiesa cattolica» e il «cristianesimo» (Contratto, Lettera pastorale al clero e popolo di Acqui, dei 7 di novembre 1850, pp. 6, 7, 8).