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corruttela. Queste ragioni militano meno in favor dei borghesi e mancano affatto rispetto alla plebe, rozza e spiacevole nei modi e nei portamenti, tremenda ed invitta di numero e di potenza. Perciò se i principi assoluti se la fanno volentieri coi nobili come piú atti a lusingarli e dilettarli, e i costituzionali si rivolgono ai popolani grassi, piú umili e servili d’indole e nei gravi cimenti piú utili per le ricchezze, gli uni sprezzano la plebe come gregge nato a servire, gli altri l’odiano perché dal vivere libero essa trae contezza de’ suoi diritti e animo ad acquistarli. Perciò l’economia regia da due secoli in qua fu quasi sempre misurata dall’interesse dei pochi; e per toccar della sola Francia, il piú illustre de’ suoi despoti consumò un lungo regno a spolpare e dissanguare le classi misere, in modo da vincere per la reitá del procedere i sogni dei comunisti. E il piú mite e civile de’ suoi principi costituzionali attese incessantemente a promuovere gl’interessi e i privilegi dei facoltosi, riponendo in questa parzialitá ingiusta la molla della sua politica. Di che è nata e ha messo radice in molti l’opinione che le riforme economiche sieno difficili a comporre col principato. E siccome la maggioranza dei patrizi è propria del dominio assoluto e il sormontar dei borghesi piace al regno civile, l’avvento della plebe ai pubblici affari importa la repubblica, ogni qual volta la monarchia rifiuta di essere popolana.

La plebe è oggi piú forte che in addietro, perché piú sveglia e piú numerosa, atteso l’incremento non interrotto da grosse e lunghe guerre né da quei morbi pestilenziali che addecimavano le popolazioni. Le industrie ed i traffichi, essendo divenuti per gli aumenti loro il nervo degli Stati e la faccenda principale dei popoli, rendono ogni giorno piú difficili le guerre generali, che prima spesseggiavano perché eccitate e nudrite dai capricci e dagl’interessi dei pochi: il loro periodo fu recato al colmo e chiuso a un tempo da Napoleone. Ora la raritá e piccolezza dei fatti d’arme, i progressi delle arti industriose e commercevoli, gl’incrementi delle classi faticanti e il loro ingresso alla vita politica, sono cose che si corrispondono e fanno si che l’etá nostra non è piú di guerre ma di rivoluzioni, e di rivoluzioni