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libro secondo - capitolo primo 203


Avrebbe ella potuto nell’etá addietro difendersi contro tutta Europa e mantenere intatto il suo essere di nazione, se non avesse avuto unitá politica e incentrazione d’indirizzo e di comando nella metropoli? Il consesso nazionale di allora, guidato da un mirabile istinto di progresso e di conservazione, conobbe che la setta dei federali era piú formidabile della guerra esterna; attalché, se bene si annoverasser fra loro uomini segnalati, esso mise a combatterli quell’energia feroce che tutti sanno; e se i mezzi furono talvolta degni di biasimo, lo scopo fu bello e glorioso. Il federalismo non sarebbe meno nocivo all’ Italia nella nuova epoca, e ci farebbe lo stesso effetto della cosmopolitia falsa ed esagerata, i due sistemi avendo seco una certa similitudine, ché i cosmopoliti, sciogliendo le aggregazioni nazionali, introducono una lega di piccoli Stati e di comuni in loro scambio.

Da ciò apparisce il divario che dee correre in ordine all’unione tra il Risorgimento e il Rinnovamento. Nei termini di quello il federalismo era necessitá e non elezione; e l’unione per via di lega, sola possibile, era un gran passo verso una spezie di unitá maggiore, che veniva a essere come lo scopo ideale e lontano di quel poco che i tempi ci permettevano. Ma tanto è vero che anche allora la confederazione sola non bastava, che s’intese a temperarne i vizi coll’instituzione di un forte Stato settentrionale che concentrasse le forze comuni e agli altri predominasse. Il regno dell’alta Italia suppliva in un certo modo all’unitá politica della penisola, unizzandola almeno colá dove il nemico premeva e si aveano da ripulsare o antivenire gli assalti e gl’impeti esterni. Ora il minor bene non essendo un bene se non in quanto il maggiore non può conseguirsi, resta a vedere fin dove l’unione si possa stendere nei moti succedituri. Se questi accadranno in quel modo che ho chiamato «simultaneo», egli è chiaro che l’estensione e la veemenza loro agevoleranno nei vari paesi quella celeritá straordinaria di progresso, che nei tempi piú regolari sarebbe chimerica o pericolosa. Perciò non senza follia inescusabile l’Italia lascerebbe correre l’occasione di adempiere un desiderio e un bisogno di tanti secoli. Né avrebbe da temere di perdere cotal bene dopo