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né con supplizi né con terrori si fa umana ma piú feroce) mi apparisce piú manifesta e piú forte quando contemplo il putridume delle classi che vivono senza fatica di mano o di testa e il presontuoso disordine di quelli cui dovrebb’essere patrimonio l’ingegno. Quando fu mai tanta stupiditá di ozio sonnolento ne’ signori? tanta ignoranza e temeritá di sogni in coloro che aspirano ai salari delle professioni liberali? Miro la presente rovina di tutti gli studi, precipitata sempre piú dall’insolenza degl’ignorantissimi che vogliono soli insegnar tutto a tutti. Che mondo avremo di qui a dieci anni? Vuoto di ogni sapere, di ogni virtú; nel buio che va addensandosi di boreali metafisiche perduto ogni giudizio di bello e di brutto, di vero e di falso, di bene e di male; dal prosperare de’ tristi spento il colore dell’onesto, sbandita la vergogna delle turpezze; la ragione muta non (come adesso) per paura ma per depravazione. Mancata affatto la vita intellettuale, ci rimanesse almeno pacato e sicuro il viver materiale; ci rimanesse almeno una plebe sana di mente, mansueta di cuore, paziente senza viltá, conservando il fondamento del viver sociale quando ne saranno dispersi gli ornamenti e caduto l’edifizio»1. Ma chi crederebbe che i tristi si attraversino a cosi santa opera? I quali «sono spaventati e sdegnati che possa uscirne generazione di poveri non piú infingarda, crapulosa, invidiosa, furace, brutale, rabbiosa, crudele, sanguinaria o stupida, ma sensata, ragionevole, industriosa, pietosa, decente. E a coloro cui par bello e buono avere di cavalli e di vacche e di cani razze migliorate, pare gran danno o gran peccato una razza di umani non bestiale, non viziosa, non abbietta, che potrebbe voler essere trattata da uomini e forse non si lascerebbe trattare da bestie. Costoro si lamentano d’una plebe avversa alla fatica, desiderosa di crapule, a furti, a rapine pronta, facile a incrudelire, strumento disposto alle sedizioni; e poi declamano che si dee tenerla affondata in tenebricosa ignoranza d’ogni suo vero bene, si confidano di supplire a tutto col proporle i beni



  1. Opere, Appendice, pp. i22, i23.