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libro secondo - capitolo primo 175


tolleravano. Gli altri ordini cittadineschi non sono meno discordi, atteso i cattivi umori e le malevolenze seminate dalle sètte, la paura nata da certe opinioni. I nobili astiano i popolani e ne sono astiati a vicenda, i conservatori si azzuffano coi democratici, la plebe delusa dalle classi colte le guarda in cagnesco, e i facoltosi spiritano a udire il nome dei socialisti. I politici di municipio si abbiosciano, perduti d’animo sotto la comune oppressila, e in Piemonte gonfiano di vane speranze; i puritani e gl’illiberali fanno a chi piú strazia colle congiure e le avanie la povera Italia e muovono una guerra disperata a chi non la pensa del tutto come loro. Le varie provincie sono anche in rotta le une colle altre; Lombardia e Genova tengono piú o meno il broncio al Piemonte, Sicilia a Napoli; Roma è divenuta nemica di tutto il mondo; Pio nono, rinnovando e aggravando i tempi del Capellari, ha reso il papato civile irreconciliabile colla nazione, la quale, non che trovarci un appoggio, è ormai costretta a considerarlo come il maggiore ostacolo delle sue brame.

Fra tanti squallori sorge il Piemonte come oasi nell’eremo, perché l’esercito proprio impedí gli strani di manometterlo, e il principato non interrotto tolse ogni appiglio di rifarsi ai nemici delle franchigie. Tuttavia se le condizioni non paiono mutate, chi le misura dal solo intrinseco, siccome il valore di questo dipende dalle estrinseche attinenze, il Piemonte dalla pace in poi non è piú quel di prima. Dianzi era italiano e nazionale, oggi non è piú che subalpino e municipale. Dianzi consonava al resto d’Italia libera e civile, e tale conformitá gli dava influsso, puntello, presidio; oggi è eterogeneo verso gli altri domini tedeschi o intedescati della penisola. Dianzi esercitava o poteva esercitare colle armi, coll’autoritá, colle pratiche, un imperio egemonico sul rimanente della nazione; oggi è ritirato in se stesso, privo di ogni maggioria estrinseca e ridotto a tenere per gran fortuna se è lasciato stare e vivere in pace dai conterranei e dai vicini. S’egli fosse uno Stato grande, potrebbe trovar compenso a tali difetti ; ma, essendo piccolo e debole, egli è chiaro che quelle influenze le quali piú non manda è costretto a riceverle, che non avendo piú balia in Italia è in