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medico che la predice. Non crederei possibile tanta semplicitá se non ne avessi fatto piú volte esperienza a mio costo, e specialmente quando mi avvenne di avvertire i fautori della mediazione e i nemici dell’intervento ch’essi la davano vinta ai puritani e ai tedeschi. Ma io non voglio confondere con questi politici miopi di corte o di campanile gli uomini che governano il Piemonte, i quali non ignorano che l’utopia peggiore è l’ ingannarsi dell’avvenire. E però egli è bene che affisino coll’occhio e misurino con fermo animo i probabili eventi, sia perché i mali antiveduti meno addolorano, e perché antivedendoli si può cavarne qualche costrutto o almeno renderli men rovinosi.

Entrando ora nella proposta materia, dico che il Risorgimento non si può riassumere con fiducia di far opera che duri, essendo variate notabilmente le condizioni intrinseche ed estrinseche che lo produssero e lo alimentarono. L’unione patria dei principi fra loro è difficilissima per non dire impossibile, avendo essi rinnegata l’Italia e stretta amicizia co’ suoi nemici. La concordia dei principi coi popoli è impossibile egualmente, da che i primi tolsero ai secondi le franchigie date, divennero retrogradi, e alcuno di essi sprezzabile per l’ incostanza e la dappocaggine, altri abbominevole per la fiera e sbrigliata tirannide. Vero è che questi biasimi non cadono sul re di Sardegna: ma egli è solo, e che può uno contro tutti? Oltre che, la monarchia piemontese ha rimesso alquanto del suo splendore e del suo credito, essendosi chiarita impotente a redimere la nazione. L’accordo mirabile delle varie classi è difficile a rappiccare, conciossiaché il papa mutato, i gesuiti risorti, il sanfedismo ripullulante, l’episcopato infesto a libertá, mantice e scudo di oppressione, la copia dei giornali pinzocheri e retrogradi, hanno grandemente alterato se non distrutto il consenso del ceto secolaresco col clericale. E benché una parte piú o meno notabile del minor sacerdozio e alcuni pochi membri (tanto piú benemeriti) del maggiore sieno tuttora affezionati alla causa italiana, essi piú non osano né possono favorirla, mancato loro l’appoggio del centro romano e convertiti a gran numero in ardenti nemici del civil progresso altri chierici che a principio fingevano di approvarlo o lo