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capitolo decimoterzo 105


per espugnarlo e rimetterlo in catene. Singolare sventura dei nostri tempi, che rinnovano le colpe degli avi senza le loro virtú e rifioriscono le opere acerbe e spietate colla viltá e la codardia!

Ma se il disonore e l’infamia bene stanno al ministro di tanti mali, non è cuore umano e cattolico che non intenerisca e non pianga a rappresentarsi il buon Pio, il promotore del Risorgimento, il capo supremo della religione, reduce nella cittá santa calpestando i cadaveri de’ suoi figliuoli. Né ci ritorna libero com’era prima di lasciarla, ma trae seco a Roma i ferri di Gaeta. Ché oltre all’avere i tristi coi falsi rapporti, i perfidi consigli, gli scrupoli della coscienza e i terrori dell’altra vita, mutato affatto l’animo suo e alterato il giudizio, gli hanno messo attorno una piccola corte di prelati spigolistri e fanatici a guisa di custodi e dinunziatori. Cosicché il povero papa, carcerato nel suo palazzo, non può leggere o scrivere una lettera, ricevere una visita o un’imbasciata, spedire un ordine, se non a posta dei monsignori di anticamera; piú schiavo di Ludovico tredecimo e dei re facinulla e assai piú infelice, avendo per correttori in vece di un Richelieu e dei maggiordomi di Austrasia (che erano cime d’uomini) i creati dell’Austria, l’Antonelli e i gesuiti. Lascio stare lo scandalo e il danno che torna alle credenze da un sovvertimento cosi capitale della gerarchia ecclesiastica, non potendo l’autoritá suprema riscuotere ossequio e ubbidienza quando i piú la stimano ligia di una fazione abborrita e corrotta. Nelle cose civili il peggioramento si lascia addietro i tempi gregoriani, fin da quando, presa Roma, i triumviri del papa fecero benedir mille volte quelli della repubblica. E il male va tuttavia crescendo: i ribaldi esaltati alle cariche, i sanfedisti e i gesuiti onnipotenti, uomini onorandi condannati alla galea perché applaudirono al popolo, altri spogliati od uccisi perché lo servirono, uomini benemeriti esautorati, scacciati, manomessi1, uomini illustri e difensori del principato, il



  1. Mi sia lecito il fare special menzione del Gazzola, del Gigli e del Muzzarelli, tutti e tre chiari e benemeriti per singolare amore di patria e culto felicissimi delle lettere italiche.