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capitolo decimoterzo 103


temporale è, in Roma come altrove, la volontá della nazione, né Carlomagno avria potuto senza il consenso del popolo dare ad altri un diritto che non aveva egli stesso. Ché se in Roma il principato è un accessorio del sacerdozio, si dovrá dire altrettanto di ogni paese cattolico e in particolar della Spagna, dove anticamente i vescovi sovrastavano quasi ai principi, come si raccoglie dai sinodi di Toledo. Il papa sará superiore in virtú della tiara a tutti i potenti: potrá spogliarli, privarli, combatterli, ucciderli; e la dittatura straordinaria dei tempi barbari sará il giure consueto e perpetuo dei civili. E avendo soggetti i principi, avrá pure gli Stati: terrá il supremo dominio delle armi loro e delle finanze; potrá obbligarli a far guerra, come nei secoli delle crociate; partirne i conquisti, come fece Alessandro sesto; regolarne i commerci, le navigazioni, le spese, secondo la bolla famosa di Pio quinto. Perciò se ai cenni del pontefice potè la Spagna assalire il popolo di Roma (il quale non «desidera di sovrapporsi a tutti i popoli del mondo» ma solo di essere padrone di se stesso come tutti i popoli liberi), l’Italia potrá al comando di Roma armarsi contro la regina di Spagna e in favore del pretendente. Se l’illazione non piace al signor Fidal, io lo consiglio a studiar meglio nel giure moderno. Peggio è ancora il ricorrere ai cardinali elettori del papa, i quali sono elettori non come sudditi di questo o quel principe ma come principi essi medesimi della Chiesa. E la loro sovranitá per ciò che riguarda il temporale si fonda, come quella del papa, nel consenso della nazione. Se il diritto di elezione onde sono investiti procedesse dalla sudditanza, anche l’eletto saria suddito, e Isabella avrebbe Pio nono tra i suoi vassalli; tanto piú nel caso (come pare che creda il signor Pidal) che il sacro collegio sia tutto spagnuolo. E in ogni modo il papa saria soggetto a quanti potentati hanno sudditi nel conclave. Né tornerebbe men vano l’allegare i trattati che non vietano l’intervento. Sia pure: ma né anche il permettono; e quando lo permettessero, non potrebbero annullare il diritto di natura e l’autonomia nazionale, anteriori e superiori alle convenzioni. Nel modo che le leggi positive non prevalgono contro la naturale che ne è la radice e