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la carica o piú pronti a rassegnarla. Frattanto la repubblica bandita in Roma, la fuga del granduca, i disegni funesti e la pertinacia della corte di Gaeta, la certezza in fine che i puritani avrebbero elusi i consigli e sormontati gl’influssi dei democratici giudiziosi, mi fecero risolvere di tentar colle armi ciò che piú non poteva ottenersi coi negoziati. Cosí la diversa condizione delle due provincie mi pose in disaccordo col Montanelli, dissentendo in quell’estremo sui mezzi, mentre eravamo unanimi nelle intenzioni. E la storia, nel riconoscere la rettitudine di quelle del mio chiaro amico, sará benigna agli errori nati da un animo piú generoso che cauto, ricordando che egli diede le prime mosse alla rigenerazione toscana col salvare il bel paese dall’illuvione gesuitica, e che aiutò i progressi della causa italica non pur coll’ingegno ma colla mano, riportando gloriose ferite sui campi dell’indipendenza.

Che i suoi concetti differissero da quelli del Mazzini, si ritrae dal partito proposto a principio di unir Toscana con Roma1. Se questo partito avesse subito avuto effetto, e uomini atti a destare la pubblica fiducia fossero stati preposti al nuovo ordine, le cose d’Italia potevano prendere un corso insperato e meno disavventuroso. Certo l’Austria e la Francia sarebbero state men pronte a ridurre gli Stati ecclesiastici sotto il padrone antico, se si fossero dovuti togliere allo scettro civile di Leopoldo anzi che ai fasci repubblicani (non laureati) del Mazzini. Ma questi aspirava a regnare e i suoi volevano pescar nel torbido; onde assai prima che Pio nono lasciasse loro in preda il dominio colla sua fuga, essi avevano atteso in mille modi a intiepidire, raffreddare, divolgere l’animo di lui, sospettante che le riforme onde era stato principiatore non tornassero a scapito della religione e a guadagno de’ suoi nemici2. Queste disposizioni, accresciute dalle lodi insincere che ammassavano al buono e timido pontefice e aggravate non poco dall’avversione del Piemonte alla lega italica, rendettero quello vie piú ripugnante alla

  1. Consulta Farini, Stato romano, t. iii, p. 159.
  2. Farini, ibid., t. ii, passim.