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libro primo - capitolo decimo 321


molti comuni amici non solo conformitá di pensieri ma d’intenzioni politiche nei primi anni del regno di Carlo Alberto. Preso di mira e in sospetto particolarmente (atteso la mia condizione, l’etá maggiore e le influenze), io venni sostenuto e poscia esiliato; né mi dolsi (e niuno vorrá dubitarne se conosce il mio costume) che in me piuttosto che nei compagni avessero sfogo le collere ingiuste di chi reggeva. Durante il mio esilio il Pinelli si portò meco da buono e leale amico; come io avrei fatto seco, se gli fosse toccato in sorte di scontare in mia vece le opinioni e le brame che in comune si avevano e si professavano. Il che mi basti accennare colla dovuta riserva (della quale non uscirò se non necessitato) per avviso di certuni che, poco ricordevoli o male informati, mi recarono poscia a colpa di non cedere in ogni cosa al beneplacito dell’amico. E io gli condiscesi per quanto mi fu possibile, ripatriando a sua istanza, studiandomi di compiacergli in tutto che l’onore e l’amor della patria mi consentivano, adoperando la mia riputazione politica (che in quei giorni non era piccola) a metterlo in voce ed in credito, e insomma ingegnandomi di mostrarmegli grato per ogni verso delle prove di affetto che ne area ricevute.

Nei princípi del quarantotto le sue idee politiche erano molto confuse, non essendo nutrite da forti studi e avendo affatto tralasciato di attendervi da molti anni. Perciò egli teneva amicizia coi democratici, fondava Il carroccio in Casale, cooperava alla Concordia di Torino, giornali affatto popolari. Una falsa e leggiera considerazion delle cose e la sua gara forense con Urbano Rattazzi gli fecero abbracciare intorno all’unione lombarda la sentenza dei municipali, a cui la sua vita, le occupazioni, le aderenze lo inclinavano naturalmente. Di famiglia onoranda e benemerita ma di nobiltá nuova, alle abitudini del cavaliere prevalevano quelle del causidico; onde, al contrario di ciò che avvertimmo nell’Azeglio e nel Balbo, gli spiriti della borghesia curiale potevano maggiormente in esso che quelli del patriziato. La famigliaritá che avea meco, benché antica, non era intima da ogni parte, per la disformitá dello stato, degli studi, delle consuetudini e la lontananza di tanti anni; laddove i municipali

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