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libro primo - capitolo decimo 311


contrario al fine proposto. Unico modo di quietar la penisola è di rimettervi in piedi gli ordini costituzionali. Un ristauro papale mirante a soffocare la libertá e restituire l’odioso dispotismo dei chierici disonorerebbe la religione e il pontificato, farebbe desiderare il governo di popolo da voi distrutto, accrescerebbe il numero dei repubblicani, avvalorerebbe gli umori rivoltosi e preparerebbe infallibilmente alla prima occasione la ruina totale e irreparabile di quel potere che volete ripristinare. Credetelo a noi che siamo italiani e conosciamo l’Italia meglio di coloro che vivono di lá dai monti, e siamo autorizzati a disapprovare l’indirizzo che date alle cose nostre dagl’interessi e dalla nazionalitá comune. Il Piemonte non può essere indifferente alle sorti dell’altra Italia, le quali lo toccano e gli premono piú strettamente che non importino agli Stati e alle nazioni forestiere. Ora il bene d’Italia nelle condizioni della civiltá presente vuole che tutte le sue parti abbiano ordini conformi e omogenei: una provincia non può esser libera se le altre son serve e schiave. Il Piemonte è libero e pronto a spargere fino all’ultima goccia del suo sangue anzi che rinunziare la sua franchezza. Resta dunque che le altre parti della penisola abbiano le stesse instituzioni. Né si tratta di crearle ma di mantenerle, poiché i principi le diedero ai loro popoli e le giurarono solennemente. Volete voi consentire a spegnerle e farvi complici dello spergiuro? Che onore ne riportereste presso i popoli? che credito e che vantaggio? In vece di amicar l’Italia seco stessa, la dividerete in due campi nemici: di qua tutti i beni del vivere libero, di lá un crudele e abborrito servaggio. Nutrendo un cotal dissidio nel suo cuore, stimerete di averla pacificata? Oh! non farete che accendervi la discordia, e nella pugna dei due geni nemici tenete pure per fermo che il miglior vincerá. Il bene d’Italia e di Europa richiede che si mantenga in quella l’equilibrio delle esterne influenze, e che quindi l’Austria non ci possa piú della Francia. Ora l’Austria è giá padrona delle piú ricche e grasse provincie: permettendo che i suoi fautori prevalgano nelle altre, voi le date in pugno tutta la penisola. Né il tristo guadagno gioverá a lei pure altro che per poco tempo, se giá il suo vero pro non