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libro primo - capitolo decimo 297


ai partiti animosi, alle pronte e gagliarde risoluzioni. Difetto non volontario, ma che non iscusa gli uomini deboli i quali nei tempi forti si addossano un peso superiore ai loro omeri. E veramente se il governo sardo si fosse appigliato alla politica che io suggeriva, gli era d’uopo usare un vigore e un’attivitá grande, non tanto per le cose giá dette quanto per una che mi resta a dire.

Prima di partire alla volta di Parigi io avevo ricordato ai ministri sardi la domanda fatta dal papa a diversi principi per essere riposto in seggio, e inferitone che, succedendo la cosa, il Piemonte non poteva essere lasciato indietro, come Stato cattolico senza ingiuria propria, come Stato italico senza offesa della nazionalitá comune, come Stato libero senza rischio per la libertá romana, la cui conservazione a niuno doveva essere cosí a cuore come ai popoli e ai governi della penisola. Checché ne pensassero in cuor loro, i miei colleghi mi consentirono di fare istanza in tal proposito ai rettori della repubblica1, i quali lodarono il desiderio del Piemonte senza troppo sperare che si potesse adempiere, atteso i sospetti del papa, prodotti dall’iterato rifiuto della lega e accresciuti dalle influenze di Gaeta. La pacificazione di Livorno rimovea questo impedimento, attestando lo zelo del governo sardo per la quiete d’Italia e pel principato e porgendogli il modo di rappiccare le pratiche federative, piú atte di ogni altro mezzo a tranquillare il trepido animo del pontefice. Rifiutare ostinatamente il concorso di un principe italiano e cattolico che avesse date tali prove e guarentigie di sé, non era cosa che potesse farsi da Roma sotto onesto colore; e il favore che avremmo avuto nell’opinione universale dei

  1. La storia dei negoziati stampata per ordine del governo contiene un’inesattezza a questo proposito, dicendovisi che io parlai ai ministri francesi della «pacificazione di Toscana e di Roma» come di una «opinione mia personale «Histoire des négociations qui ont précédé le traité de paix conclu le 6 août entre le roi de Sardaigne et l’empereur d’Autriche, Turin, 1849, pp. 42, 43, 44). L’autore ha confuso la proposta rispetto a Roma con quella che riguardava Livorno. Rispetto alla prima io era stato autorizzato verbalmente dal Consiglio sardo a conferirne col francese.