Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 1, 1911 - BEIC 1832099.djvu/295


libro primo - capitolo decimo 289


concitazione degli animi, i moti della vicina Toscana, i maneggi delle sètte eccessive. Queste considerazioni entrarono ai ministri, i quali conchiusero che se il Piemonte assentiva, essi lasciavano in suo arbitrio l’elezione del luogo, purché fosse conveniente all’effetto e non indegno alla maestá della Francia.

Io ragguagliai di mano in mano il Consiglio sardo di queste esibizioni, senza interporvi il mio giudizio e confortandolo a ponderarle. Frattanto nacque caso per cui esse divennero piú importanti e opportune che prima non erano. La Toscana avea fatta una rivoluzione pacifica in favor del granduca e degli ordini costituzionali. Solo Livorno calcitrava e, benché il fiore dei cittadini bramasse di fare altrettanto, era impedito dall’audacia di pochi che riluttavano. L’occasione era propizia per incarnare il disegno poco prima fallito al Piemonte, e l’errore degli antichi ministri poteva essere emendato dai nuovi, se avessero avuto fior di senno e di consiglio. Bastava che la flotta o le schiere di Alfonso della Marmora, che aveano sedati i moti di Genova, si accostassero colla insegna del principato civile per inclinar la bilancia dal lato di quelli che la favorivano. L’impresa era utile al granduca, ricuperandogli il trono e togliendogli la trista necessitá di far capo ai forestieri; utile alla Toscana, a cui assicurava il mantenimento degli ordini liberi; utile a Livorno in particolare, preservandola dell’atroce macello in cui il sangue degl’innocenti e dei generosi fu misto a quello dei traviati; utile a tutta Italia, togliendo ai tedeschi ogni pretesto di allargavisi coll’occupare la piú gentile delle sue provincie; utile in fine al Piemonte, che con questa fazione consacrava nobilmente il regno del nuovo principe, diminuiva l’onta di Novara, riassumeva l’indirizzo delle cose italiche, si autorizzava a proteggere le instituzioni libere nel cuore della penisola, si aggraduiva i governi italiani e i potentati esterni desiderosi oltre modo della pronta nostra pacificazione, provava col fatto alla Francia che, offrendosi a lei conciliatore dei popoli italici, non faceva una vana promessa ma avea animo e senno da eseguirla, e si assicurava in tal guisa una pace onorata e non gravosa coll’Austria. Alla quale quanto sarebbe in cuor suo

V. Gioberti, Del rinnovamento civile d’Italia - i. 19