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partito. Ora, non che usare tali spedienti, Ottavio di Revel ebbe tanta fretta di promuovere e attuare la mediazione che non sostenne di essere in carica, ma essendo ancora privato andò celatamente al campo per consigliare la pace, e fatto ministro di straforo soscrisse l’atto che scioglieva la Francia dal debito preso, mentre ancora erano in seggio i ministri che ne premevano l’adempimento, non curandosi di violare a tal effetto gli statuti e le usanze civili. Il che prova senza replica che i ministri aveano paura del soccorso, non che diffidassero di conseguirlo, e che fecero ogni loro potere per isventarlo e renderlo impossibile.

Da ciò anche si raccoglie quanto sia frivola un’altra scusa allegata dal Pinelli: che senza la mediazione non si poteva «ottenere dall’Austria vittoriosa una tregua che ci desse campo a rifare le forze»1. Ma se l’esercito era scorato per la sconfitta e disperso anzi che diminuito, il solo annunzio dell’aiuto di un popolo amico bastava a rianimarlo e ringagliardirlo mediante la sicurezza e la gara che ne nascevano; cosicché le armi francesi venivano non pure ad accrescere ma a migliorare le nostre. Né in ogni caso la mediazione era necessaria per aver la tregua opportuna, perché la vittoria era stata bensí del nemico ma i danni erano comuni: le schiere austriache, distratte dalla guardia del paese ricovrato e fremente, avean poco vantaggio dalle subalpine; onde non meno di queste abbisognavano di riposo. E dato eziandio che volessero ripigliar subito la guerra, nol potevano altrimenti che mutando la difesa in offesa e invadendo il Piemonte; cosa che né la Francia né l’Inghilterra (anche senza la mediazione) erano acconcie a permettere. Il che tanto è vero che l’Austria non osò irrompere né pure in sul primo impeto della vittoria e innanzi all’armistizio, quando era men vano il temerlo; onde Lorenzo Pareto, come vedemmo, ricorse all’Inglese per ripararvi. E quando piú mesi dopo cessarono le speranze e furono, si può dir, tronche le pratiche della mediazione, non perciò l’Austria si mosse; tanto che la continuazion

  1. Pinelli, Alcuni schiarimenti ecc., p. 5.