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dunque per falso profeta se vi dico che la rinunzia dell’unione e dell’autonomia italica saria funesta alle nostre instituzioni? che in vece di assicurare la tranquillitá e la pace, porterebbe seco le sommosse e la guerra? E direte che io avvisando chi regge di questi pericoli, fo ‘un appello alle passioni del popolo’? Come se concitasse le cupidigie della plebe chi parla alla ragione dei savi, o fosse un cattivo servigio reso ai popoli il suggerire i rimedi opportuni alla loro salvezza»1. Le mie parole furono dette ai sordi: venni spacciato per «sognatore esagitato da fantasia ardente» e convenuto di «stile ultrapoetico»2; finché gli eventi di Toscana, di Roma, di Liguria, di Napoli e tutti i casi succeduti da tre anni chiarirono chi avesse i privilegi del sogno e quelli della vigilia.

Un errore capitale, in politica come in morale, ne produce mille; e il piú deplorabile di quelli che commisero i ministri fu l’ingannare il parlamento e la nazione. A chiunque avea fior di senno parea almeno improbabile che un accordo da proporsi all’Austria vittoriosa fosse inteso in tali termini da spogliarla di tutti i domini racquistati e mantenere intatta l’indipendenza della penisola. Se questa persuasione allignava, il nuovo governo potea difficilmente tenersi in piedi; e quindi, per dare ad intendere il contrario, egli mandò fuori un programma in istile cosí avviluppato e gesuitico, che mostrava chiaro l’intenzione di patteggiar con due paure; onde non che distruggere confermò i sospetti giá conceputi. Tuttavia, a malgrado delle ambagi, vi si diceva formalmente che l’armistizio non potea «distruggere i fatti compiuti» e che «le potenti mediatrici conoscevano e rendevano omaggio all’autonomia delle nazioni»3; parole che non aveano senso, o miravano a far

  1. Operette politiche, t. ii, pp. 225, 226, 227.
  2. Il Risorgimento, 7 settembre 1848. Questo giornale però fu uno dei piú moderati, e la colpa di alcuni de’ suoi compilatori non si vuole accomunare a tutti. Fra coloro che ci scrivevano mi è caro di ricordare Michelangelo Castelli, come uno di quegli uomini che per la lealtá e la nobiltá dell’animo ottengono (cosa rarissima) la stima e l’affetto eziandio degli avversari.
  3. Programma del ministero Sostegno (Risorgimento, 21 agosto 1848).