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libro primo - capitolo nono 251


i miei pensieri particolari, tanto mi riposavo nella sua amicizia. Egli si studiava di mettermi in sospetto i miei compagni, e ci riuscí per qualche tempo, come vedemmo. Ma la stessa premura che recava in quest’opera e il riscontrare col suo dire appassionato le franche e dignitose maniere di quelli, cominciarono a chiarirmi da che lato stessero la lealtá e la ragione. Questo fu il principio di un doloroso disinganno, che non doveva però compiersi se non l’anno seguente.

L’occasione era propizia, poiché, se si riusciva a sventare il soccorso straniero, eravamo necessitati alla pace, l’unione andava in fumo, la causa italiana era perduta e il Piemonte si riduceva a non esser altro che il Piemonte, secondo il voto piú caro dei municipali. Ma come distornare l’aiuto di Francia? Col ripiego di una mediazione, la quale era consigliata da alcuni giornali e favoriva le intenzioni e gl’interessi di molti. Non dovea spiacere all’Inghilterra e ai potentati forestieri in generale, i quali temevano che la guerra italiana potesse turbare la quiete generale ed erano gelosi del regno dell’alta Italia. Dovea piacere al signor Bastide, ministro francese, per avversione alla monarchia ed a Carlo Alberto; e al generale Cavaignac che, ripugnando a valicare egli stesso le Alpi come Napoleone, temeva di dare il carico ad altri per non procacciarsi un rivale nel principato della repubblica. Piaceva in fine al volgo credulo dei liberali, confidantisi che con tal compenso si potesse ottenere l’indipendenza d’Italia tenendo la spada nel fodero e senza una fatica al mondo. Me se i rettori della repubblica ci sovvenivano a malincorpo, non poteano però rimanersene, salvo che il Piemonte rivocasse la sua domanda; e però era d’uopo che la mediazione si chiedesse da chi reggeva. Il Casati e io eravamo iti al campo per offrire la nostra rinunzia e confortare il re a darci tali successori che l’indirizzo delle cose non si alterasse. Felice Merlo, intimo del Pinelli, e Ottavio di Revel ci tennero dietro per fare l’effetto opposto, come il primo di essi confessò formalmente1. Non occorre

  1. Documenti e schiarimenti, iv.