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predicando l’indipendenza ne avesse un concetto adequato. Mi spiace di dovere annoverare i torti di un uomo illustre che venero ed amo; e nol farei se non fosse d’uopo risalire alle cagioni dei nostri infortuni, per ovviare che, occorrendo, si rinnovellino.

Il recesso di Napoli e le incertezze del papa, le quali furono di quel danno che ognuno sa, si potevano impedire, se gli amministratori del Piemonte avessero saputo essere italici. L’italianitá loro dovea versare su due capi: l’egemonia e la lega. La prima consisteva nel sopravvegliare le corti della penisola, tenere i principi nel buon sentiero, sventare i raggiri dei municipali e dei retrivi, sopir le differenze che potevano insorgere o farsene arbitro e accordatore. Tal si era il dissidio fra Napoli e Sicilia, che ebbe effetti cosí luttuosi; e se a Francesco Bozzelli, municipale, non cadde pure in pensiero «d’invocare la mediazione e l’intervento pacifico degli altri governi italiani», il Balbo doveva rivolgere a tale scopo tutti gli spedienti conciliativi che un governo attivo e solerte ha in sua mano. «Quale occasione migliore di questa per inaugurare l’italianitá nella diplomazia e consacrare con uno splendido fatto l’autonomia italica, componendo italianamente e senza ingerenza straniera una vertenza fra un governo e un popolo italiano? Sventuratamente né la Toscana né la Sardegna né Roma rivolsero il loro pensiero alla Sicilia e lasciarono fare agl’inglesi. Eppure era evidente che il dissenso fra Napoli e Sicilia avrebbe tolto ai due paesi la facoltá di arrecare alla prossima e prevedibile guerra d’indipendenza il sussidio potente ed energico che l’Italia ragionevolmente ne attendeva»1. «Il mal volere del governo napoletano venne secondato dalla inerzia della diplomazia degli altri Stati italiani. Questa inerzia non fu certamente premeditata e voluta, ma pessime e deplorabili ne furono le conseguenze. I governi non avevano ancora la coscienza della solidarietá degl’interessi italiani; quindi il governo di Napoli fu abbandonato a se stesso: nessun consiglio salutare, nessun proficuo avvertimento gli pervenne da Firenze, da Roma e da Torino.

  1. Massari, op. cit., pp. 49, 61.