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questo troppo discorda dal genio moderno, esse si studiano al possibile di far rinvenire il secolo ai bassi tempi. Nervo e colmo delle prime era l’Austria, la quale fra gli Stati cattolici è quello che meglio seppe in addietro scuotere il giogo dei chierici, servirsi della religione come di semplice strumento e piegare il dispotismo medesimo a un certo grado di gentilezza. Ella eredò dagli antichi germani e dalla casa di Svevia l’odio gentilizio contro Roma civile e papale e l’ambizione di signoreggiare in Italia; i quali vecchi istinti di postura, di tradizione e di stirpe, accresciuti coll’andar del tempo dagli spiriti aulici e statuali, furono rivolti a cultura dalle riforme di Giuseppe. Gli uomini di Stato amatori dei governi duri e inflessibili, coloro che non veggono altro bene che i materiali incrementi, quelli che a guisa dei giureconsulti odiano le influenze e le ingerenze pretesche, o come i gentiluomini cercano in un principato forte e assoluto o quasi assoluto la tutela dei privilegi contro la democrazia crescente, si rannodano piú o meno all’insegna tedesca. Polso e cima dell’altra specie d’illiberali sono i gesuiti, per le ragioni di sopra discorse. Essi vogliono ristorare la teocrazia pontificale dei tempi medi e peggiorarla, adoperandola a spegnere ogni ordine libero, sommettendo a se medesimi la potestá secolare ed ecclesiastica e infeudando, per cosí dire, il laicato e il sacerdozio, lo Stato e la Chiesa, i principi e i popoli, Roma e l’Italia, l’Europa ed il mondo alla Compagnia. Ma siccome questo assunto non è di facile manifattura finché fioriscono e avanzano le cognizioni, tra perché libertá e dottrina s’incorporano insieme, e perché i padri non possono gareggiare coi laici in tali nobili acquisti, essi brigano di ritirare gl’ingegni al buio delle etá barbare. Partigiani dei gesuiti sono tutti coloro che per ignoranza e superstizione partecipano al loro zelo fanatico o per vanitá e guadagneria ne ambiscono il patrocinio; i quali, per campare senza fatica o salir dove i lor meriti non li porterebbono, adulano l’instituto ricco e potente e ne professano le opinioni. Le due sètte illiberali hanno dunque alcuni fini propri ed altri comuni; e di questi il principale è impedire che l’ingegno sovrasti e trionfino quelle idee di libertá, d’uguaglianza, di nazione, le quali mirano