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libro primo - capitolo sesto 119


prosapia di principi, abbattuto il trono e fondata una repubblica per migliorare lo stato proprio, ne depongano il disegno e la speranza e si rassegnino a veder le ricchezze, il credito, la potenza, gli onori, i piaceri, le delizie, le pompe possedute e usate a lor danno da uno spicchio della nazione. Non chieggasi ai popoli culti una pazienza che sarebbe stupida o santa, quasi che sieno insensati piú dei negri d’Affrica o eroici come i martiri cristiani.

Questo avviamento è tanto piú fatale quanto che la plebe propriamente detta (che pur è il maggior numero) non è sola a desiderarlo. La secondano piú o meno i minuti borghesi per interesse, i savi per antiveggenza di piú gravi mali, i bennati e magnanimi (dei quali per buona sorte non è spento il seme) per religione, umanitá e giustizia. Ora da un lato queste tre classi, e massime le due prime, ingrossano di mano in mano che la civiltá progrediente diffonde i sensi elevati, aumenta la previdenza e unisce i minori popolani al ceto infimo; atteso che il monopolio politico ed economico, tendendo ad accrescere il cumulo dei capitali, fa sí che i borghesi di bassa taglia partecipano per molti rispetti alle condizioni della plebe assai meglio che ai privilegi dei facoltosi. Dall’altro lato esse inclinano a temperare il moto e ad impedire che le riforme trascorrano oltre i limiti dell’equo e del ragionevole. Cosicché sarebbe piano ai governi continentali il riparare coll’aiuto di tali classi ai disordini avvenire, imitando la prudenza britannica che, non solo in questo proposito ma intorno alla schiavitú coloniale e ad altri capi, seppe condiscendere in tempo al voto pubblico ed ebbe agio di moderarlo.

Ma egli è vano lo sperar tanto senno da coloro che ripetono e celebrano come un aureo dettato questa sentenza di un oratore spagnuolo: che «quanto piú i tempi sono propensi alle cattive riforme economiche, tanto piú i governanti debbono guardarsi di dar opera alle buone»1. La piú volgare esperienza attesta quanto sia folle e rovinosa questa politica, la quale, attraversandosi al torrente in vece di spianargli il letto e indirizzarne il

  1. Donoso Cortes nel suo discorso dei 30 di gennaio del 1850 al parlamento spagnuolo.