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il danno che il guadagno. La resistenza è per se stessa negativa, e quando è sola non si distingue dalla retrocessione, perché le cose umane essendo in continuo moto, chi non va innanzi, dietreggia. Certo è debito il contrastare alle opinioni false, alle utopie nocive, alle sètte intemperate, ché il progresso voluto da queste è sovente un regresso. Ma in qual modo fronteggiarle? Contrapponendo le idee sode alle vane astrattezze, la realtá alle chimere, il vero alle fallaci preoccupazioni, accelerando le buone riforme per porre un argine alle cattive. Perciò la resistenza non è savia se non è accompagnata dalla condiscendenza. Contro il parere di molti io ravviso piú in questa che in quella il contrassegno del vero uomo di Stato, giacché a resistere ciascuno è buono, bastando a tal effetto la vanitá e l’ostinazione. Le quali parti possono nei valenti assai meno che nei mediocri, come quelli che sforniti di acume antiveggente non conoscono i pericoli e i mali che sovrastanno. Laddove il cedere a proposito è privilegio di pochi; e se nella storia abbondano gli esempi di stolide e funeste pertinacie, rari sono quelli di sapiente arrendevolezza. Un solo paese cristiano ne porge molti, cioè l’Inghilterra, dove alla nostra ricordanza Roberto Peel salvò due volte la patria e acquistò meritamente gran fama di politico, non col resistere ma col cedere al voto pubblico; e se il signor Guizot l’avesse imitato, il suo re ed il regno non sarebbero periti1. Ma non è da stupire che questa dote sia rara, perché presuppone una notizia esatta degli uomini, delle cose e dei tempi, vale a dire quel realismo che è la cima della scienza civile. Nel quale, accompagnato dall’energia richiesta ad usarlo, sta il valore dello statista. I rettori deboli e mal pratici, adoperando la caparbietá, la corruzione, la forza per comprimere i voti pubblici, si

  1. Chi crederebbe che la Turchia possa essere ai governi del nostro continente il miglior modello, dopo l’Inghilterra, di quella savia politica conservatrice che consiste nelle condiscendenze opportune e nelle riforme? E pure il fatto è certo; e niuno l’ha posto in miglior luce di Vittorio Morpurgo in un articolo testé divulgato (La presse, Paris, 21 juin 1851). Il Morpurgo è uno di quei valorosi italiani che per ragion di studi, di vita e di cittadinanza appartengono insieme all’Italia e alla Francia e sono quasi un vincolo tra le due nazioni.