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dell'impero romano cap. lxviii. |
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lingua d’una nazione ch’ei divisava di soggiogare: e doveva parimente essergli piacevole d’intendere gli encomj in versi, o in prosa latina1, che all’orecchio gli pervenivano2; ma non intendiamo di qual giovamento potesse divenirgli, o qual merito raccomandasse alla sua politica il rozzo dialetto de’ suoi schiavi ebrei. Famigliari erano ad esso la storia e la geografia, e ardea di nobile emulazione in leggendo le vite degli Eroi dell’Oriente e forse di quelli dell’Occidente3. I suoi studj di astrologia, poteano essere scusati dalle assurde massime di quel secolo, oltrechè questo studio, vano in sè stesso, suppone in chi lo professa alcuni principj di mate-
- ↑ Filelfo con un’Ode latina chiese al vincitore di Costantinopoli la libertà della madre e delle sorelle di sua moglie, ed ottenne la grazia. L’Ode fu portata a Maometto dagl’inviati del Duca di Milano. Evvi chi attribuisce allo stesso Filelfo l’intenzione di ritirarsi a Costantinopoli; la qual cosa mal concilierebbesi co’ suoi Discorsi, spesse volte intesi a suscitare la guerra contro i Musulmani. (Vedine la Vita scritta dal Lancelot nelle Mém. de l’Acad. des inscript., t. X, p. 718-721, ec.).
- ↑ Roberto Valturio, nel 1483, pubblicò a Verona i suoi dodici libri De re militari, prima Opera che faccia menzione dell’uso delle bombe. Sigismondo Malatesta, principe di Rimini, e protettore del Valturio, intitolò la stessa opera, con un’epistola latina, a Maometto II.
- ↑ Se crediamo al Franza, Maometto II studiava assiduamente la vita e le azioni di Alessandro, di Augusto, di Costantino e di Teodosio. Ho letto in qualche luogo che per ordine di Maometto erano state tradotte in latino le Vite di Plutarco. Ma se questo Sultano sapea il greco, una tal traduzione non poteva essere che ad uso de’ suoi sudditi; e per vero dire, se le vite di Plutarco sono una scuola di valore, lo sono anche di libertà.