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dell'impero romano cap. lxvii. 41

Ma dopo avere perduta molta gente dinanzi Croia, Fortezza e residenza de’ Castriotti, fu costretto a levarne vergognosamente l’assedio, e difendersi sempre, e nell’andata e nella tornata, contro un nemico quasi invincibile che incessantemente lo tribolava1. Vuolsi che il cordoglio sofferto pel cattivo esito di una tale spedizione contribuisse ad accorciare i giorni del Sultano2. In mezzo alla gloria delle sue conquiste, nemmeno Maometto II potè trarsi questa spina dal seno, ridotto a permettere ai suoi Luogotenenti di negoziare una tregua; sotto i quali aspetti il Principe d’Albania merita di essere riguardato come un abile e zelante difensore della libertà della sua patria. L’entusiasmo della religione e della cavalleria hanno collocato il nome di Scanderbeg fra quelli di Alessandro e di Pirro, i quali certamente non vergognerebbero di un concittadino sì intrepido; ma la debolezza del suo potere, e la picciolezza dei suoi Stati, lo mettono ad una distanza ben segnalata

    feriore, uno nella Bulgaria, l’altro nell’Albania. Il primo distante settanta miglia da Croia (l. I, pag. 17) era contiguo alla Fortezza di Sfetigrado, i cui abitanti ricusarono di attinger l’acqua ad un pozzo, ove era stata usata la perfidia di gettare un cane morto (l. V, pag. 139-140). Una buona carta dell’Epiro ne manca.

  1. Si paragoni il racconto del turco Cantemiro colla prolissa declamazione del prete Albanese (l. IV, V, VI), copiata da tutti quelli che vennero dopo.
  2. Ad onore del suo Eroe, il Barletti (l. VI, p. 188-192) fa morire il Sultano sotto le mura di Croia, di malattia per dir vero; ma questa ridicola favola è smentita dai Greci e dai Turchi, che convengono unanimemente sul tempo e sulle circostanze della morte di Amurat avvenuta dopo.