Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/342

336 storia della decadenza

chè trovata sotto un muro che separava i fondi di due proprietarj. Che fece il giudice per dar soddisfazione ai diritti d’entrambi? sentenziò la statua ad essere spaccata per mezzo, e stava per eseguirsi il decreto, se l’intercessione d’un Cardinale e la liberalità d’un Pontefice non avessero sottratto l’Eroe di Roma alle mani de’ suoi barbari concittadini1.

[A. D. 1420] Ma dissipandosi a mano a mano le nubi della barbarie, la pacifica autorità di Martino V e de’ successori del medesimo si adoperò in uno a riordinare il governo dello Stato ecclesiastico, e a riparare gli ornamenti della Capitale. I progressi di questo genere che incominciarono col secolo XV, non furono l’effetto naturale della libertà e dell’industria. – Una città di ordinario venne a grandezza per l’opera e la popolazione dei territorj che le stanno all’intorno; da questi traggono i cittadini, e le vettovaglie, e le materie prime delle manifatture e del commercio; ma la maggior parte della Campagna di Roma non offre che un deserto squallido e solitario: vassalli indigenti e privi di speranza d’un maggiore compenso vi coltivano indolentemente i dominj de’ Principi, e del Clero che il terreno de’ primi usurparono; i miserabili ricolti di questi dominj vengono o rinchiusi, o asportati dai calcoli del monipolio. – Il soggiorno di un Monarca, le spese di una Corte dedita al lusso, i tributi delle province, contribuiscono indi, benchè per cagioni men naturali, all’accrescimento di una Capitale. I tributi e le province colla caduta dell’Impero disparvero: se il Vaticano ha saputo tirare a

  1. V. le Memorie di Flamminio Vacca (n. 57, p. 11, 12) sul finire della Roma antica del Nardini (1704, in 4).