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308 | storia della decadenza |
dosi, ne’ giorni d’Augusto, rinnovellata, il fiume ribelle rovesciò i palagi e i templi situati sulle sue rive1; nè le sollecitudini di cotesto Imperatore, a fine di mondarne e ampliarne il letto colmato dalle rovine, risparmiarono in appresso ai Cesari successori eguali fatiche e pericoli2. La superstizione e privati interessi si opposero per lungo tempo al disegno di aprire, scavando nuovi canali, nuovi sbocchi al Tevere, o ai fiumi che gli portano il tributo delle loro acque3, impresa che fu eseguita di poi, ma troppo tardi, nè acconciamente, onde i vantaggi che se ne trassero non compensarono le fatiche e le spese. Il freno imposto ai fiumi è la più bella e rilevante fra quante vittorie gli uomini possano ottenere sulle ribellioni della natura4. Ora se il Tevere produsse
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Vidimus flavum Tiberim, retortis
Littore Etrusco violenter undis,
Ire dejectum monumenta regis
Templaque Vestae.
(Hor. Carm. l. I, od. II).Se il palagio di Numa e il tempio di Vesta furono atterrati ai giorni di Orazio, quella parte de’ ridetti edifizj che fu consumata dall’incendio di Nerone, come potea mai meritare gli epiteti di vetustissima o d’incorrupta?
- ↑ Ad coercendas inundationes, alveum Tiberis laxavit ac repurgavit, completum olim ruderibus, et aedificiorum prolapsionibus coarctatum (Svetonio, in Augusto, c. 30).
- ↑ Tacito racconta le rimostranze che le diverse città dell’Italia portarono al Senato per allontanare sì fatto provvedimento. Può a questo proposito osservarsi quai progressi ha fatti la ragione. In un affare di tal natura noi consulteremmo del certo gl’interessi locali; ma la Camera de’ Comuni ributterebbe con disdegno questo superstizioso argomento: La natura assegna ai fiumi il corso che ad essi è proprio ec.
- ↑ V. le Epoques de la Nature dell’eloquente filosofo