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storia della decadenza |
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dere, che avrebbe imitato il fondatore della Monarchia romana. Le speranze del Petrarca sempre deluse derivavano da una falsa applicazione dei nomi e delle massime dell’Antichità. Pure avrebbe dovuto accorgersi come i caratteri e i tempi non fossero ancora i medesimi, e quanto incommensurabile differenza disgiungesse il primo de’ Cesari da un Principe boemo innalzato dal favore del Clero al grado di Capo titolare della germanica aristocrazia. Lungi ch’ei pensasse a restituire a Roma l’antica gloria e le antiche province, Carlo avea, mercè d’una segreta negoziazione, promesso al Papa di uscir di Roma il dì medesimo che verrebbe coronato; onde nella sua non gloriosa ritratta lo accompagnarono le rampogne del patriotta Poeta1.
Il Petrarca che avea perduta ogni speranza del risorgimento della libertà e dell’Impero, a meno sublimi voti si limitò, accingendosi a riconciliare il Pastore col gregge, e a ricondurre nella sua antica e vera diocesi il Vescovo di Roma. Nè il suo zelo in ordine a ciò fu mai veduto affievolirsi; e nel fervore della gioventù, e quando ebbe acquistata la prevalenza degli anni, non si stette dal volgere successivamente a cinque Pontefici le sue esortazioni, e l’eloquenza del medesimo era dal sentimento, e dalla franchezza di una nobile libertà, sempre animata2:
- ↑ L’abate di Sade descrive in piacevole modo, e attenendosi allo stesso Petrarca, la fiducia e le speranze deluse del Poeta (Mem. t. III, p. 375-413); ma il maggior cordoglio, benchè il più nascosto, fu per lui la corona che il Poeta Zanubi ottenne dalle mani medesime dell’Imperatore Carlo IV.
- ↑ V. nell’Opera aggradevole ed esatta dell’abate di Sade