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dell'impero romano cap. lxx. | 259 |
di moto, ignudo per metà, e quasi morto, rimase così un’ora in mezzo alla moltitudine, di cui però erasi calmata la rabbia, fecendo luogo alla curiosità e alla maraviglia; un estremo sentimento di rispetto e di compassione parlava ancora negli animi a favore del misero, e forse avrebbe vinto sull’odio, se un assassino più risoluto degli altri non s’affrettava a piantargli un pugnale nel cuore. [A. D. 1354] Il Rienzi spirò in quel medesimo istante; il corpo di lui trapassato da mille colpi (ultimo sfogo della rabbia dei suoi nemici) venne abbandonato pastura ai cani, e gli avanzi ne furono abbruciati. I posteri porranno in bilancia, le virtù e i vizj di quest’uomo straordinario; ma in un lungo periodo di anarchia e di servitù, spesse volte il Rienzi è stato celebrato coi nomi di liberatore della sua patria e d’ultimo cittadino romano1.
[A. D. 1355] Il primo e il più ardente fra i desiderj del Petrarca sarebbe stato la restaurazione di una libera Repubblica; ma dopo l’esilio e la morte del suo eroe plebeo, tornò a volger lo sguardo al Re dei Romani. Il Campidoglio fumava ancora del sangue di Rienzi, allorchè Carlo IV, scendea l’Alpi per farsi coronare Imperatore e Re d’Italia. Ricevè a Milano la visita del Poeta, del quale contraccambiò con illusioni l’adulazione; e accettò da esso una medaglia d’Augusto, promettendogli, senza sorri-
- ↑ Il Fortifiocca che non si mostra nè amico, nè nemico del Rienzi, ne racconta con tutte le particolarità (l. III, p. 12-25) l’esilio, la seconda amministrazione e la morte. Il Petrarca che amava il Tribuno, intese con indifferenza la morte del Senatore.