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dell'impero romano cap. lxvii. | 19 |
tondo coi compagni del suo ritiro a Magnesia: pietose occupazioni da cui lo trassero una seconda volta i pericoli dello Stato. L’esercito vittorioso disdegnò l’inesperienza del figlio; Andrinopoli fu abbandonata al saccheggio e alla strage; la sommossa de’ giannizzeri indusse il Divano a sollecitare la presenza di Amurat per impedire l’assoluta ribellione di questa guardia; riconobbero essi la voce del lor padrone, tremarono ed obbedirono; e il Sultano videsi a proprio malgrado costretto a soffrire il suo luminoso servaggio, da cui in capo a quattro anni l’Angelo della morte lo liberò. L’età o le malattie, il capriccio o la sventura, hanno spesse volte costretti molti Principi a scender dal trono, ed hanno avuto tempo per pentirsi di questa irrevocabile risoluzione. Ma il solo Amurat, libero di scegliere, e dopo avere sperimentati e l’Impero e la solitudine, diede per una seconda volta alla vita privata la preferenza.
Dopo la partenza dei Greci, Eugenio non avea dimenticati i loro temporali interessi; e questa tenera sollecitudine del Pontefice a favore dell’Impero di Bisanzo era animata dalla paura di vedere i Turchi avvicinarsi alle coste d’Italia, e forse ben presto invaderle. Ma lo spirito che avea prodotte le prime Crociate, essendo svanito, i Franchi mostrarono una indifferenza così poco ragionevole, come il tumultuoso loro entusiasmo lo fu. Nell’undecimo secolo, un frate fanatico avea saputo spingere tutta l’Europa contro dell’Asia per liberare il Santo Sepolcro; nel decimoquinto i più possenti motivi di politica e di religione non bastarono ad unire i Latini per la comune difesa della Cristianità. Certamente l’Alemagna potea dirsi un ricettacolo non mai vôto di