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238 | storia della decadenza |
si abbandonava, rapidamente declinavano la fama e il poter del suo Eroe. Il popolo che avea contemplata ammirando l’ascensione della meteora, incominciava ad accorgersi delle irregolarità che essa dava a diveder nel cammino, e delle ombre che spesse volte ne oscuravano lo splendore. Più eloquente che giudizioso, più intraprendente che risoluto, il Rienzi non assoggettava, quanto avrebbe dovuto, le facoltà della sua mente all’impero della ragione, ed esagerava sempre in proporzione decupla a sè medesimo e gli argomenti della speranza e que’ del timore; onde la prudenza che non avrebbe di per sè sola bastato ad innalzarlo a sì alto grado, non si prese cura di mantenervelo. Giunto all’apice della grandezza, le sue buone qualità presero insensibilmente l’indole di que’ vizj che confinano con ciascuna virtù.
La giustizia di lui tralignò in crudeltà, la liberalità in profusione, il desiderio di fama in ostentazione e vanità puerile. Egli avrebbe dovuto non ignorare che i primi Tribuni, tanto forti e sacri nella pubblica opinione, non diversi nel tuono, nelle vesti, nel contegno da un qualunque altro plebeo, da questo si distinguevano solo allora, che adempiendo gli atti del proprio ufizio, trascorreano la città a piedi, accompagnati da un solo viator, o sergente1.
- ↑ Plutarco nelle sue Quistioni romane (Opusc., t. I, p. 505, ediz. gr. Enr. Stef.), pone sopra principj sommamente costituzionali il genere semplice del poter dei Tribuni, i quali, propriamente parlando, non erano magistrati, ma argini opposti alla magistratura. Era di lor dovere ομοιουσθαι σχηματι, και σολη και διαιτη τοιε επιτνγχανουσι των πολιτων... καταπατεισαιδαι δει, assomigliarsi nel contegno, nell’abito e nella vita ai seguaci dei cittadini.... il tribuno dee passeg-