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dell'impero romano cap. lxx. 235

giatori; il commercio, l’abbondanza, la buona fede ricomparvero ne’ mercati, talchè una borsa piena di oro poteasi lasciar con sicurezza in mezzo ad una strada la più frequentata„. Quando i sudditi non hanno motivo di temere per le proprie vite e sostanze l’industria e le ricchezze che la compensano, risorgono ben tosto di per sè stesse. Roma si manteneva sempre le Metropoli del Mondo cristiano, e gli stranieri che dalla felice amministrazione del Tribuno erano stati protetti, ne magnificavano per ogni dove la fortuna e la gloria. Incoraggiato dal buon successo de’ primi divisamenti, il Rienzi concepì un’idea anche più vasta, ma forse chimerica di per sè stessa; quella di unire i diversi Stati dell’Italia, fossero principati, o città libere, in una Repubblica federale, in cui Roma tenesse, come altre volte, e giustamente, il primo grado. Non meno eloquente negli scritti che ne’ discorsi, incaricò di numerose sue lettere diversi messaggieri fedeli e solleciti, che portando in mano un bianco bastone, attraversavano i boschi e le montagne, e venivano, anche presso i paesi nemici, riguardati com’uomini insigniti del sacro carattere di ambasciatori. Fosse adulazione, o verità, raccontarono, tornando dal loro viaggio, di aver trovati gli orli delle strade piene di prostrate turbe, che imploravano al loro cammino un buon successo dal Cielo. Se le passioni fossero state capaci di ascoltar la ragione, se l’interesse pubblico avesse potuto trionfare del privato, certamente l’Italia confederata e retta da un Tribunale supremo, si sarebbe riavuta dai mali che le sue discordie intestine le aveano apportati, e avrebbe chiuse le Alpi ai Barbari del Settentrione. Ma l’e-