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dell'impero romano cap. lxx. 223

una lavandaia diede vita al liberatore di Roma1. Nicola Rienzi Gabrini non potea ricevere da tali genitori nè dignità, nè ricchezze; ma eglino s’imposero sagrifizj per procurargli una liberale educazione, da cui riconobbe e la sua gloria e l’immatura sua morte. Questo giovane plebeo che studiò la storia e l’eloquenza negli scritti di Cicerone, di Seneca, di Tito Livio, di Cesare e di Valerio Massimo, sollevossi per ingegno al di sopra degli eguali e dei contemporanei. Con ardore instancabile interpretava i manoscritti, e le iscrizioni degli antichi marmi, e dilettandosi di traslatarli nella lingua volgare del suo paese, spesse volte si lasciava trasportar sì che esclamava: „Ove sono oggidì que’ Romani, ove le loro virtù, la loro giustizia e possanza? Perchè non nacqui io in tempi più felici?„2. Dovendo la Repub-

  1. La prima e la migliore epoca della vita del Rienzi, quella in cui governò col carattere di Tribuno, trovasi descritta nel capitolo decimottavo dei Frammenti poc’anzi citati (p. 399-479). Questo capitolo, nella nuova divisione, forma il secondo libro della Storia, che contiene trent’otto capitoli, o sezioni meno estese.
  2. A taluno forse non dispiacerà di trovar qui un saggio dell’idioma che parlavasi a Roma e a Napoli nel secolo decimoquarto: Fo da soa juventuine nutricato di latte de eloquentia, bono gramatico, megliore rettuorico, autorista bravo. Deh como et quanto era veloce lettore! moito usava Tito Livio, Seneca, et Tullio, et Balerio Massimo, moito li dilettava le magnificentie di Julio Cesare raccontare. Tutta la die se speculava negl’intagli di marmo le quali iaccio intorno Roma. Non era altri che esso, che sapesse lejere li antichi pataffii. Tutte scritture antiche vulgarizzava; quesse fiure di marmo justamente interpretava. Oh come spesso diceva. Dove suono quelli buoni Romani? dove ene