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dell'impero romano cap. lxix. 203

sorriso del filosofo turberà il trionfo del Clero e la prosperità di una popolazione1.

Nell’incominciamento dell’undicesimo secolo, l’Italia vedeasi in preda alla feudale tirannide, gravosa del pari al Sovrano ed al popolo. Le numerose italiane repubbliche, dilatando ben tosto la loro libertà e dominazione nelle campagne circonvicine, vendicarono i diritti della natura umana. Rotta la spada de’ Nobili, fatti liberi i loro servi, spianatene le Castella, questi ritornarono in seno alla società, e ripigliate le consuetudini dell’obbedienza, l’ambizione loro agli onori municipali si limitò; nelle orgogliose aristocrazie di Venezia e di Genova ciascun patrizio si mostrò sottomesso alle leggi2. Solo il debole e irregolare Governo di Roma non potè domare i suoi figli ribelli, che nella città, e fuor delle mura, disprezzavano l’autorità del Magistrato. Non era più una lotta civile fra i Nobili e i plebei che il Governo dello Stato si contendessero; i Baroni, mantenendo coll’armi la loro independenza, fortificavano i lor palagi e castelli in guisa che potessero reggere ad un assedio; e nelle domestiche loro

  1. Il sig. Chais, Ministro della Comunione protestante all’Aia, ha trattato profondamente questo argomento nelle sue Lettres historiques et dogmatiques sur les Jubilées et les Indulgences (Aia, 1751, 3 v. in 12); Opera laboriosa, e che riuscirebbe dilettevole, se l’Autore non avesse preferito il carattere di teologo polemico a quel di filosofo.
  2. Il Muratori (Dissert. 47) cita gli Annali di Firenze, di Padova, di Genova ec., l’analogia degli altri avvenimenti, la testimonianza di Ottone di Freysingen (De Gestis Freder. I, lib. II, cap. 13) e la sommessione del Marchese d’Este.