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sulla legge mosaica, dalla quale prese il nome di Giubbileo1. [A. D. 1350] Si obbedì alla voce del Santo Padre, nè i pellegrini cedettero in numero, zelo e liberalità a quelli del primo Giubbileo. Ma soggiacquero al triplice flagello della guerra, della pestilenza e della fame; ne’ castelli dell’Italia non venne rispettato il pudore delle vergini e delle matrone, e i feroci Romani, non più rattenuti dalla presenza del loro Vescovo, spogliarono ed assassinarono un grande numero di stranieri2. Vuole, non v’ha dubbio, attribuirsi all’avidità de’ Papi l’accorciato intervallo de’ Giubbilei, prima di cinquant’anni, poi di trentatre, finalmente di venticinque. La durata però del secondo di questi intervalli aveva avuto per suo ragguaglio il numero degli anni della vita di Gesù Cristo. La profusione delle Indulgenze, il numero dei Fedeli portato via dal Protestantismo, l’indebolimento della superstizione, diminuirono la rendita de’ Giubbilei; ciò nondimeno l’ultimo che si è celebrato (il decimonono) fu un anno di gioia e di profitto per li Romani; nè, in ordine a ciò, il

  1. Gli Anni e i giubbilei sabbatici della legge di Mosè (Car. Sigon. de republ. Hebraeorum, Opp., tom. IV, lib. III, c. 14, 15, pag. 151, 152); la sospensione di ogni specie di cura e lavori, quella restituzione periodica dei fondi, quell’affrancamento dai debiti e dalla servitù, ec., offrono una bella idea, ma l’esecuzione ne sarebbe impossibile in una repubblica non teocratica; e avrei piacere, se mi si potesse dimostrare che gli Ebrei osservavano di fatto questa rovinosa festa.
  2. V. la Cronaca di Mattia Villani (t. I, c. 56) nel volume decimoquarto del Muratori, e les Mém. sur la vie de Pétrarque (t. III, p. 75-89).