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dell'impero romano cap. lxix. 199

chite le Repubbliche dell’Italia; il tempo della loro libertà è l’epoca più fiorente per esse della popolazione e dell’agricoltura, delle manifatture e del commercio, e i loro lavori, da prima meccanici, condussero a poco a poco le arti dell’ingegno e del lusso. Ma la situazione di Roma era men favorevole, il suolo men fertile; i suoi abitanti inviliti dall’amore dell’ozio, inebbriati dall’orgoglio, s’immaginavano stoltamente che i tributi de’ sudditi dovessero nudrir sempre la Metropoli della Chiesa e dell’Impero. La moltitudine de’ pellegrini che visitavano le tombe degli Appostoli seguiva in tal qual modo a mantenere i Romani in simile abbaglio; l’ultimo Legato de’ Papi, l’instituzione dell’Anno Santo1, non fu men utile al popolo che al Clero. Dopo la perdita della Palestina, la beneficenza delle indulgenze plenarie assegnata alle Crociate, divenia priva di scopo, e rimase pel corso di otto anni stagnante il più prezioso tesoro della Chiesa. Bonifazio VIII, ambizioso in uno ed avaro2, gli aperse un nuovo canale. Egli era istrutto quanto bastava per aver cognizione dei Giuochi Secolari, che sul finire

  1. Le prime nozioni intorno a ciò, ne vengono dal Cardinale Giacomo Gaetano (Maxima Bibl. patrum, t. 25); sarei imbarazzato a decidere se il nipote di Bonifazio VIII fosse uno stupido, o un malvagio; le incertezze sono minori rispetto al carattere dello zio.
  2. Sanno già le colte persone la condotta di Bonifazio VIII, e conoscono il di lui carattere; egli fu ed è disapprovato per avere voluto colle scomuniche sottomettere l’autorità del re di Francia, Filippo il Bello, nelle cose temporali, e per avere quindi recato molti mali. (Nota di N. N.)