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dell'impero romano cap. lxix. 183

bizione, sovente ancora gl’incoraggiò col soccorso delle spirituali sue armi. Le picciole loro guerre furono quelle de’ primi Consoli, e de’ primi Dittatori che venivano tolti all’aratro. Assembratisi in armi alle falde del Campidoglio, uscivano dalla città, saccheggiavano, o ardevano i ricolti de’ vicini, faceano tumultuose scaramucce; indi, dopo una spedizione di quindici, o venti giorni, fra le loro mura tornavano. Lunghi e mal condotti erano gli assedj; i vincitori si abbandonavano alle ignobili passioni della gelosia e della vendetta, ed anzichè rendersi più forti coll’amicarsi il nemico vinto, e profittare del suo valore, non pensavano che ad annientarlo. I prigionieri supplicavano per ottenere perdono in camicia e avvinti il collo da una fune; il vincitore intanto atterrava i baloardi e perfino le case delle soggiogate città rivali, e ne sperdea gli abitanti nei villaggi posti all’intorno. Per tal modo, e per un effetto di queste feroci ostilità, vennero successivamente distrutte le città di Porto, di Ostia, di Albano, di Tuscolo, di Preneste e di Tibure1, o Tivoli, residenze de’ Cardinali Vescovi. Porto e Ostia, le due chiavi del Tevere, non si rialzarono più mai2;

  1. Ne a feritate Romanorum, sicut fuerant Hostienses, Portuenses, Tusculanenses, Albanenses, Labicenses, et nuper Tiburtini destruerentur (Mattia Paris, p. 757). Questi avvenimenti vengono accennati negli Annali e nell’Indice del Muratori (vol. XVIII).
  2. V. la vivace pittura che ne presenta il P. Labat (Voyage en Espagne et en Italie) dello stato e delle rovine di queste città, sobborghi, per così dire, di Roma, e quanto egli dice sulle rive del Tevere, ec. Era egli riseduto lungo tempo in vicinanza di Roma. V. anche una descrizione più esatta di questa città che il P. Eschinard (Roma, 1750, in 8) ha unita alla Carta topografica del Cingolani.