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178 storia della decadenza

alla vostra persona e al servigio dell’Impero. Non udite voi il linguaggio della città di Roma? Essa vi dice: Voi eravate il mio ospite, vi ho fatto mio cittadino1. Eravate straniero di là dall’Alpi, vi ho scelto per mio Sovrano; mi son data a voi; ho posto nelle vostre mani quanto mi apparteneva. Il primo, il più sacro de’ vostri doveri, è giurare, sottoscrivere che verserete il vostro sangue per la Repubblica, che manterrete la pace e la giustizia nel seno di essa, che osserverete le leggi della città e le patenti de’ vostri predecessori, e che, per dare un compenso ai fedeli vostri Senatori, dai quali verrete acclamato in Campidoglio, sborserete cinquemila libbre d’argento. Finalmente, col nome di Augusto, assumetene anche il carattere„. La fastosa eloquenza degli Ambasciatori non s’era ancora sfogata abbastanza, ma Federico impazientitosi della costoro vanità, non li lasciò continuare, e prese con essi il linguaggio d’un monarca e d’un conquistatore. „Il valore di fatto e la saggezza de’ primi Romani, così gl’interruppe, furono celebri; ma non trovo la stessa saggezza in questa vostra diceria, e vorrei che nelle vostre azioni si ravvisasse il coraggio di quegli Antichi. Non meno di tutte l’altre cose del Mondo, Roma ha sofferte le vicissitudini del tempo e della fortuna. Le più nobili vostre famiglie sonosi trapiantate nella città regia edificata da Costantino, ed è lungo tempo che i Greci e i Franchi hanno stremato quanto rimanea delle vostre forze e della vostra libertà. Volete voi rivedere l’antica gloria di Roma, la saggezza

  1. Hospes eras, civem feci. Advena fuisti ex transalpinis partibus, principem constitui.