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dell'impero romano cap. lxix. | 177 |
e del popolo, ottennero lo scettro del Mondo1!„. Ma queste prospettive luminose e fallaci non sedussero gran fatto Corrado, i cui sguardi a Terra Santa volgevansi, e che poi, reduce dalla Palestina, morì fra poco, e Roma nol vide.
[A. D. 1155] Federico, nipote e successore di Corrado (A. D. 1155), apprezzò molto di più l’imperiale Corona, e più assolutamente di tutti i suoi predecessori governò il Regno d’Italia. Circondato da’ suoi Principi secolari ed ecclesiastici, diede, nel suo campo di Sutri, udienza agli Ambasciatori di Roma che questo ardito e pomposo discorso gli addrizzarono. „Porgete orecchio alla Regina delle città; venite con intenzioni pacifiche ed amichevoli entro il recinto di Roma; essa ha infranto il giogo del Clero, ed è impaziente di coronare il suo legittimo Imperatore. Possano sotto il vostro felice influsso ritornare gli antichi tempi! Sostenete i diritti della Città Eterna, e fate che pieghi sotto il dominio della medesima l’insolenza degli altri popoli. Non evvi certamente ignoto che, ne’ primi secoli, la saggezza del Senato, il valore e la disciplina dell’Ordine equestre, estesero le armi di Roma, vincitrici nell’Oriente e nell’Occidente, al di là dell’Alpi e sulle isole dell’Oceano. I nostri peccati aveano fatto, che, in tempo della lontananza de’ nostri Principi, cadesse in dimenticanza il Senato, quella tanto nobile istituzione; onde collo scemare dalla nostra saggezza, la nostra forza scemò. Abbiamo restaurato il Senato e l’Ordine equestre; l’uno consagrerà i suoi consigli, l’altro le sue armi
- ↑ V. Ottone di Freysing., De gestis Freder. I, l. I, c. 28, p. 662-664.