Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/167


dell'impero romano cap. lxix. 161

ceduti dagl’Imperatori, avvero i possenti cittadini se li davano da sè medesimi come distintivi del loro grado, della lor dignità1 e fors’anche delle pretensioni che avevano di derivare da un’origine più pura e patrizia; ma non erano queste che apparenze prive di realtà e di conseguenza, fatte per additare un uomo, e non già un Ordine nel governo2. Solamente nel 1144, gli atti della Città incominciarono a contrassegnare le loro date dal risorgimento del Senato, come da un’epoca gloriosa pel popolo romano. L’ambizione di alcuni individui, e l’entusiasmo del popolo diedero affrettatamente forma ad

    sert. 5) ha trovato negli anni 952, 956 un Gratianus in Dei nomine consul et dux, e un Georgius consul et dux; nel 1015, Romano, fratello di Gregorio VIII, si intitolava superbamente, ma in un modo alquanto vago, Consul et Dux et omnium Romanorum Senator.

  1. Gl’Imperatori greci, fino al secolo decimo, hanno usato coi Duchi di Venezia, di Napoli, d’Amalfi, ec., del titolo di υπατος o console (Vedi Chron. Sagornini in diversi luoghi), e i successori di Carlomagno non rinunziarono ad alcune delle loro prerogative. Ma in generale, i nomi di Console e di Senatore che si usarono altra volta presso i Francesi e gli Alemanni, non vogliono dir altro che Conte, o Signore (Seigneur; Ducange, Gloss.). Gli Scrittori monastici cedono di frequente all’ambizione di mettere in uso belle espressioni classiche.
  2. La forma più costituzionale è quella che trovasi in un Diploma di Ottone (A. D. 998): Consulibus Senatus populique romani; ma verisimilmente è apocrifo un tale atto. Lo Storico Dithmar (Muratori, Dissert. 25) narrando la coronazione di Enrico I, accaduta nel 1014, lo rappresenta: A senatoribus duodecim Vallatum quorum sex rasi barba, alii prolixa, mystice incedebant cum baculis. Il Panegirico di Berengario fa menzione del Senato (p. 406).