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dell'impero romano cap. lxix. 153

bizzarro e tristo possa apparire, non è men vero che presenta la viva immagine de’ Romani del secolo dodicesimo1.

[A. D. 1140] Gli Ebrei non aveano voluto riconoscere Gesù Cristo, allorchè apparve ai loro sguardi col carattere d’un uom del volgo; e parimente i Romani poteano non ravvisare nel Papa il Vicario di Cristo allorchè si mostrò loro avvolto in porpora e con orgoglio confacevole al Sovrano dell’Universo. La fermentazione degli animi, prodotta dalle Crociate, avea fatto risorgere nell’Occidente alcune scintille di curiosità e di ragione. La Setta de’ Paoliziani, diffusasi da prima nella Bulgaria, venne a stanziarsi nell’Italia e nella Francia; mescolatesi colla semplicità del Vangelo le visioni de’ Gnostici, i nemici del Clero posero in accordo le lor passioni e la loro coscienza, la divozione e l’amore della libertà2. Nel 1140, Arnaldo da Brescia3, uomo non mai sollevatosi

  1. Il Baronio nel dodicesimo volume de’ suoi Annali trova una scusa semplice e facile, separando i Romani in due categorie, di Cattolici l’una, di Scismatici l’altra. Spetta ai primi tutto il bene, ai secondi tutto il male che è stato detto di Roma.
  2. Il Mosheim che dà conto delle eresie del dodicesimo secolo, nelle Inst. Hist. eccles. (p. 419-427), porta favorevole opinione di Arnaldo da Brescia. Ho fatto parola altrove della Setta de’ Paoliziani (c. 54) seguendoli nelle loro migrazioni dall’Armenia fino nella Tracia e nella Bulgaria, nell’Italia e nella Francia.
  3. Arnaldo da Brescia ci è stato dipinto in originale da Ottone di Freysingen (Chron., l. VII, cap. 31; De Gestis Frederici I, l. I, c. 27; l. 1I, c. 21), e nel terzo libro di Ligurinus, poema di Gunther, Autore che vivea nel 1200 (Fabricius, Bibl. lat. med. et infim. aetat., t. III, p. 174,