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dell'impero romano cap. lxix. 145

dronirsi con forza della mente di un Barbaro; ma niuna mente, men di quella di un Barbaro, è proclive a preferire l’immaginazione ai sensi, a sagrificare i desiderj e gl’interessi di questo Mondo ad un motivo lontano, o ad un oggetto invisibile: nel vigore dell’età e della salute, i costumi di un tal uomo fanno continua lotta alla sua fede, lotta durevole sintanto, che la vecchiezza, le infermità, o gli infortunj destino nel suo cuore le paure, e lo spingano a soddisfare il duplice obbligo che la pietà e i rimorsi gl’impongono. Ho già altrove osservato, come l’indifferenza de’ moderni tempi sulle cose religiose, sia oltre misura favorevole alla pace e alla sicurezza del Clero. Sotto il regno della superstizione, esso dovea sperar molto dall’ignoranza, ma temere anche molto dalla violenza degli uomini; il continuo aumento delle ricchezze de’ sacerdoti avrebbe fatti questi i soli proprietarj di tutti i beni dell’Universo; ma che? questi beni, di cui largheggiava ad essi un padre pentito, venivano lor tolti da un figlio avaro; or si adoravano gli Ecclesiastici, or si commetteano attentati contro le loro vite; e gli stessi individui collocavano sull’Altare, o calpestavano il medesimo Idolo. Nel sistema feudale dell’Europa, le distinzioni e la misura de’ poteri, sull’armi soltanto erano fondate; e nel tumulto che queste eccitavano, di rado la tranquilla voce della legge e della ragione ascoltavasi. Recalcitranti al giogo i Romani, insultavano la debolezza del loro Vescovo1, che per

  1. Giovanni di Salisbury in un colloquio famigliare con Adriano IV, suo compatriotta, accusa l’avarizia del Papa e del Clero: Provinciarum diripiunt spolia, ac si thesauro