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storia della decadenza |
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Demetrio e Tommaso Paleologo1, fratelli di Costantino e despoti della Morea, rimasero soprappresi da estrema desolazione in udendo la morte dell’Imperatore e la rovina della monarchia. Privi di speranza di poterla difendere, si prepararono, non men de’ Nobili che della lor sorte partecipavano, a cercare l’Italia, ove credeano che l’ottomano fulmine non li potrebbe percotere. Ma le prime loro inquietudini dissipò Maometto, che contentandosi di un tributo di dodicimila ducati, e inteso a devastare il Continente, e le isole che a mano a mano invadea, concedè ai popoli della Morea un respiro di sette anni; sette anni però che furono un periodo di cordogli, discordie e calamità. Trecento arcieri italiani più non bastavano a difendere l’Essamilione, quel baloardo dell’Istmo, sì di frequente rialzato e atterrato. I Turchi, impadronitisi delle porte di Corinto, tornarono da questa correria fatta nell’estiva stagione, con molto bottino e molta mano di prigionieri; della qual cosa querelandosi i Greci, vennero ascoltati con indifferenza e disprezzo. Gli Albanesi, tribù di pastori dediti al ladroneccio, portarono devastazione e morte per la penisola. Ridotti Demetrio e Tommaso ad implorare il fatale ed umiliante soccorso di un vicino Pascià, questi dopo avere soffocata la ribellione, prescrisse ai due Principi la regola di lor condotta. Ma nè i vincoli del sangue, nè
- ↑ Nella obbrobriosa Storia delle dispute e delle sciagure de’ due fratelli, Franza (l. III, c. 21-30) mostra eccedente parzialità a favor di Tommaso. Duca (c. 44-45) è troppo laconico; troppo diffuso Calcocondila (l. VIII, IX, X) che inoltre impaccia con soverchie digressioni i proprj racconti.