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dell'impero romano cap. lxviii. | 107 |
unì ad essi il corpo che avea forzata la porta del Fenar dalla banda del porto1. Nel primo ardore d’inseguire i Cristiani, circa duemila di questi vennero passati a filo di spada; ma ben tosto l’avarizia vinse la crudeltà, e i vincitori confessarono che la strage sarebbe anche stata minore, se la prodezza di Costantino e de’ suoi scelti soldati non gli avesse tratti in paura di trovare un’eguale resistenza in tutti i rioni della Capitale. Così, dopo un assedio di cinquantatre giorni, cadde finalmente sotto l’armi di Maometto II questa Costantinopoli, che avea disfidate le forze di Cosroe, del Cagano e de’ Califfi. I Latini non ne aveano abbattuto che l’Impero, ma i Musulmani ne abbattettero la religione2.
Presto si diffonde la notizia delle sventure; ma sì estesa è Costantinopoli che i più lontani rioni rimasero ancora per alcuni momenti nella felice ignoranza del loro infausto destino3. Ma in mezzo alla generale costernazione, fra le mortali angosce che ciascuno provava per sè o per la patria, fra il tu-
- ↑ V. Cantemiro, p. 96. I vascelli Cristiani che si trovavano alla bocca del porto, aveano sostenuto e tardato l’assalto da quella banda.
- ↑ Calcocondila non arrossisce della ridicola supposizione che gli Asiatici saccheggiassero Costantinopoli per vendicare le antiche sciagure di Troia; laonde i gramatici del secolo decimoquinto fanno derivare con compiacenza la grossolana denominazione Turchi dall’altra più classica Teucri.
- ↑ Allorchè Ciro sorprese Babilonia, che stava celebrando una festa, la città era sì grande e sì poca la cura degli abitanti nel farne la guardia, che lungo tempo vi volle prima di far giungere ai lontani rioni la notizia della vittoria del Re persiano. V. Erodoto (l. 1, c. 191) e Usher (Annal., p. 78) che cita su di ciò un passo del Profeta Geremia.