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dell'impero romano cap. lxviii. | 103 |
domestica, da lui serbata ai momenti i più decisivi, colla voce e coll’occhio regolava e spingeva quelle onde di combattenti. Dietro questa terribile linea vedeasi una numerosa truppa di giustizieri, i quali, secondo l’uopo, stimolavano, rattenevano, punivano i soldati, che avevano il pericolo in prospetto, l’infamia e una inevitabil morte alle spalle, sol che avessero pensato alla fuga. La musica guerresca de’ tamburi, delle trombe e de’ timballi, soffocava le grida dello spavento e del dolore; e l’esperienza ha provato che l’effetto meccanico de’ suoni rendendo più vivace la circolazione del sangue e i moti degli spiriti animali, produce sulla macchina umana una impressione superiore nell’efficacia all’eloquenza della ragione e dell’onore. L’artiglieria delle linee assalitrici, dalle galee del ponte, fulminava i Greci per ogni parte; e campo e città e assedianti e assediati vedeansi involti in mezzo a un nugolo di fumo che potea solamente essere dissipato o dalla liberazione, o dalla distruzione compiuta dell’Impero romano. Le singolari tenzoni degli Eroi della Favola e della Storia feriscono la nostra immaginazione e ne allettano; le dotte fazioni militari possono giovare a schiarire la mente e a migliorare un’arte necessaria, benchè perniciosa al genere umano; ma nella pittura di un assalto generale tutto è sangue, confusione ed orrore; laonde io disgiunto, per tre secoli e per l’intervallo di un migliaio di miglia, da una scena che andò priva di spettatori e di cui gli stessi attori non poteano formarsi un’idea esatta o compiuta, non mi accignerò a disegnarla.
Se Costantinopoli non fece più lunga resistenza, vuole accagionarsene la palla, o il dardo che, per