Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/90

86 storia della decadenza

la cornamusa; pecore che belavano, saltellanti agnelli, il mare, un paese, una pesca, e moltitudine di pesci diversi; amorini ignudi che ridevano, folleggiavano, e gettavansi l’un l’altro le pome; sulla cima dell’obelisco una immagine di donna, che il menomo fiato di vento facea volgere, nominata perciò la Seguace del Vento. VIII. Il pastore di Frigia presentava a Venere il premio della beltà, ossia la poma della discordia. IX. Veniva indi l’incomparabile statua di Elena. Niceta descrive col tuono della ammirazione e dell’amore, il piè di lei delicato, le braccia d’alabastro, il labbro di rosa, l’incantatore sorriso, il languore degli occhi, la bellezza delle arcate sopracciglia, la perfetta armonia delle forme, la leggerezza del panneggiamento, la capigliatura che ondeggiar sembrava a grado de’ venti. Tanti pregi di avvenenza congiunti insieme, avrebbero dovuto destar pietà o rimorso nel cuore de’ Barbari che la distrussero. X. La figura virile, o piuttosto divina di Ercole1, animata dalla dotta mano di Lisippo, avea sì sterminata dimensione, che il pollice era grosso, la gamba alta, quanto è grosso ed alto un uomo di ordinaria statura2. Larghissimi ne erano il petto e le spalle, nerborute le membra, increspati i ca-

  1. Per darne un’idea della statua di Ercole il sig. Harris ha citato un epigramma, e presentata la figura scolpita in una bella pietra; ma questa non offre l’atteggiamento di un Ercole, senza clava, col braccio e la gamba stesa siccome di questa statua vien detto.
  2. Ho trascritte letteralmente le proporzioni indicate da Niceta, le quali mi sembrano oltre modo ridicole, e forse ne condurranno a giudicare che il preteso buon gusto di questo senatore ad ostentazione e vanità riducensi.