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dell'impero romano cap. lx 77

dalla città, e che disfogava il proprio risentimento, come a ciò le fazioni trionfanti son solite. Nondimeno alcuni di questi esuli si mostrarono più memori delle beneficenze che degli oltraggi, perchè lo stesso Niceta per la generosità di un mercatante veneto ebbe salva la vita. Papa Innocenzo rampogna i Pellegrini per non avere, nell’accecamento delle loro sregolatezze, rispettato nè sesso, nè età, nè professioni religiose; deplora amaramente che stupri, adulterj, incesti, e altre opere delle tenebre sieno state in pieno giorno commesse: si duole di nobili matrone, e di sante monache disonorate dagli staffieri e dai villani di cui l’armata cattolica ringorgava1. Certamente egli è probabile che la licenza della vittoria servisse a molti peccati e di occasione, e di scusa. Ma la capitale dell’Oriente contenea senza dubbio un numero di beltà venali, o compiacenti che bastavano ad appagare le voglie di ventimila Pellegrini, e il diritto, o l’abuso della schiavitù, in quei giorni, sulle femmine non si estendea. Il marchese di Monferrato mostravasi il modello della disciplina e della decenza; il Conte di Fiandra venia chiamato specchio della castità. Che anzi questi due guerrieri decretarono pena di morte contra i violatori di donne maritate, o vergini, o religiose; e accadde talvolta che i vinti implorassero la protezione di un tale

  1. Quidam (dice Innocenzo III, Gesta, c. 94, p. 538) nec religioni, nec aetati, nec sexui pepercerunt, sed fornicationes, adulteria, et incestus in oculis omnium exercentes, non solum maritatas et viduas, sed et matronas et virgines deoque dicatas exposuerunt spurcitiis garcionum. Il Villehardouin non fa parola di questi fatti troppo soliti ad accadere nelle guerre.