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tando ad un tempo popolarità e cortigianeria, artifizioso e in un coraggioso, il perfido Murzuflo oppose la sua eloquenza e la sua spada ai Latini, si guadagnò la confidenza di Alessio e ne ottenne l’uffizio di ciamberlano, e le insegne della sovranità. Nel silenzio della notte, cercò precipitosamente la stanza del giovine Imperatore, e con tuono spaventato gli diede a credere che i nemici avean sedotte le guardie e forzati i ricinti del palagio. Di nulla diffidando il misero Alessio, e commettendosi nelle mani dell’iniquo che gli tramava rovina, discese in compagnia del medesimo per una scala segreta, e questa metteva ad un carcere: colà impadronitisi del principe gli scherani, lo spogliarono e caricarono di catene: poi dopo avergli fatte provare per più giorni tutte le possibili angosce, il barbaro Murzuflo volle essere spettatore di una morte che assicurarono le percosse, il laccio, o il veleno. Alla morte del figlio non tardò a succedere la morte naturale del padre. La fortuna risparmiò a Murzuflo l’inutil delitto di affrettarla ad un vecchio cieco e privo di modi per farsi temere.

La morte degl’Imperatori e l’usurpazione di Murzuflo aveano cambiato la natura della contesa, che non era più contesa di confederati, una parte de’ quali esagerasse i prestati servigi, un’altra mancasse alle promesse. Così i Francesi come i Veneziani, dimenticati i dispareri che ebbero con Alessio, deplorarono la funesta sorte del loro amico, e giurarono vendicarlo sulla perfida nazione che l’assassino di lui avea coronato. Pure l’avvisato Dandolo al negoziare ancor propendea. Pose ai Greci il partito di sbor-