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dell'impero romano cap. lx 63

che avrebbe potuto produrre nella città la mescolanza delle due nazioni, vennero assegnate ai Veneziani e ai Francesi le stanze ne’ sobborghi di Pera e di Galata, lasciata però ad essi ogni libertà di diportarsi a trafficare entro le mura di Costantinopoli. La divozione e la curiosità conducea ogni giorno un gran numero di pellegrini a visitarne le chiese e i palagi. Non mossi forse dalla perfezione dell’arti che in questi edifizj signoreggiava, i nostri ruvidi antenati sentivano però il prezzo della magnificenza che in essi ammiravasi. La povertà delle città ove erano nati, rendea più splendente ai loro sguardi il fasto e la popolazione della prima metropoli della Cristianità1. Abbandonandosi, non con bastante cautela ai sentimenti della giustizia e della gratitudine, il giovine Alessio dimenticava spesse fiate l’imperiale dignità rendendo visite famigliari ai suoi benefattori, e in mezzo alla libertà della mensa i Francesi, spinti da leggiera vivacità, non pensavano sempre che si trovavano a petto dell’imperator d’Oriente2. In più gravi parlamenti, ognuno era rimasto d’accordo che

  1. Il Villehardouin colla sua grossolana eloquenza, n. 66-100, ne fa comprendere, quale impressione provassero i Crociati al vedere Costantinopoli e i suoi dintorni: cette ville, dic’egli, que de toutes les autres ere Souveraine. V. i tratti di questa descrizione in Foulcher di Chartres (Hist. Hieros., t. I, c. 4), e in Guglielmo di Tiro (II, 5, XX, 26).
  2. Giocando ai dadi, i Latini gli tolsero il suo diadema, mettendogli in capo un berrettone di lana o di pelo. Το μεγαλοπρεπες κς παγκλειστον κατερρυπινεν ονομα, infamavano un nome dignitoso e gloriosissimo (Nicetas, p. 358). Se un tale scherzo gli fu fatto dai Veneziani, vi si vedeva la conseguenza dell’audacia naturale ai repubblicani e ai trafficanti.