Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/63


dell'impero romano cap. lx 59

di quindici cavalieri o sergenti, che saliti sulle mura, si mantennero in quel posto pericoloso sintanto che fossero precipitati abbasso, o fatti prigionieri dalle guardie imperiali. Dal lato del porto, i Veneziani, più felicemente l’assedio loro condussero. Questi industriosi marinai posero in opera tutti gl’ingegni conosciuti prima della invenzion della polvere. Le galee e i vascelli si schierarono in doppia linea, il cui fronte estendevasi per tre gittate di dardo all’incirca. Erano le galee, ne’ rapidi loro moti, sostenute dalla forza e dal peso de’ vascelli, i cui ponti, le poppe e le torri fornirono altrettanti pianerottoli alle macchine che lanciarono sassi al di sopra della prima linea. Appena i soldati dalle galee si lanciavano sulla riva, piantavano le scale, e le ascendeano, intanto che i grossi legni avanzandosi più lentamente fra gli intervalli, e calando altrettanti ponti levatoi, presentavano ai soldati un cammino per aria, paralello alla cima degli alberi delle navi, che di lì sui baloardi li trasportava. Nel fervor della mischia, il venerabile e maestoso Doge, armato di tutto punto, teneasi in piedi sul ponte della sua galea; la bandiera di S. Marco sventolavagli innanzi; usava giusta l’uopo minacce, preghiere, promesse per animare la solerzia de’ suoi remiganti; la galea che il conducea prima arrivò, e il Dandolo precedè tutti i suoi sulla riva. I popoli ammirarono la magnanimità del cieco vegliardo, senza per altro considerare che gli anni appunto e le sue infermità scemavano agli occhi di lui il prezzo della vita, e quello della gloria che non perisce mai aumentavano. D’improvviso una mano invisibile (che forse il Porta-stendardo era stato ucciso) piantò sul baloardo la bandiera della Repubblica. Ratti furono i