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dell'impero romano cap. lx | 47 |
censure pontificie e i rimproveri di lor coscienza averli assai severamente puniti per la conquista di Zara, prima colpa che si rimprocciavano; non volere aggiugnerne una seconda col lordare in avvenire le proprie armi nel sangue cristiano: sullo Scisma dei Greci aver già l’Appostolo di Roma pronunziata sentenza; non appartenerne ad essi la punizione; nè tampoco il farsi vendicatori degl’incerti diritti dei Principi di Bisanzo. Mossi da sì fatti principj, o pretesti, una gran parte di pellegrini, per valore e pietà i più rinomati, abbandonarono il campo; eppure nocquero meno all’impresa, che non quella fazione di mal contenti che rimanendo, cercarono tutte le occasioni di spargere nell’esercito la discordia, e con opposizioni, or manifeste, or segrete, il buon esito dell’armi impacciarono.
[A. D. 1203] Tale diffalta non fece che i Veneziani affrettassero meno gli apparecchi della partenza, e forse, sotto apparenza di generosa sollecitudine inspirata loro dal giovine Alessio, celavano il risentimento che contra la nazioni di lui e la famiglia nudrivano. Oltrechè, la cupidigia loro sentivasi offesa dalla preferenza che di recente i Greci aveano data alla rivale Repubblica di Pisa; non dimenticavano antichi e tremendi conti rimasti addietro tra essi e la Corte di Costantinopoli; fors’anche il Dandolo non si dava, per lo meno, cura di dismentire la popolare credenza che accusava l’Imperator Manuele, di avere violati nella persona del veneto Doge i diritti delle nazioni e della umanità, privandolo della facoltà della vista, nel tempo che il grado di Ambasciatore la persona di lui rendea sacra. Da parecchi anni le onde adriatiche d’un sì straordinario armamento non si ricordavano;